Come gestire una maggiore volatilità dell'inflazione per il futuro della diversificazione?
Milano, 28 giugno 2023. A cura di Thomas Maxwell, investment director, abrdn
Nel lungo periodo, l'inflazione tende a muoversi "per regimi".
Ad esempio, dall'era post-Volker, fino al 2020, l'economia globale ha vissuto un periodo di bassa inflazione, con vari shock positivi dal lato dell'offerta.
Tra questi, la globalizzazione (la Cina esporta deflazione), la formazione del mercato unico dell'UE, il calo dei dazi globali, gli sviluppi tecnologici che migliorano la produttività, la desindacalizzazione della forza lavoro e la deregolamentazione.
L'inflazione non ha sempre rappresentato un fattore relativamente positivo. Negli anni '70, ad esempio, abbiamo assistito a un regime di inflazione elevata e volatile. Ciò è stato determinato da una politica monetaria accomodante (crollo di Bretton Woods) e da una serie di shock sul lato dell'offerta, come nel mercato petrolifero.
Riteniamo che stiamo entrando in un regime di maggiore volatilità dell'inflazione. Ciò dovrebbe causare cambiamenti più frequenti nella politica della banca centrale (volatilità obbligazionaria). Il driver di questa visione è l'aumento della possibilità di shock negativi sul lato dell'offerta come ad esempio:
- Le crescenti tensioni geopolitiche, come la competizione tra Cina e USA, che portano a un ritracciamento della globalizzazione (dazi, normative, catene di approvvigionamento, on-shoring, o l’accaparramento di materie prime, ecc.).
- L'impatto del cambiamento climatico, sia esso dovuto a politiche governative (transizione energetica, ecc.) o a eventi meteorologici più estremi (El Niño, livelli delle acque, ecc.).
- Cambiamenti nelle politiche governative che vedono aumento del debito pubblico e diminuzione del conservatorismo fiscale. Dopo la pandemia abbiamo assistito a un aumento sostanziale del debito pubblico e a pochi segnali di moderazione fiscale, nonostante un contesto economico e occupazionale molto forte. Negli Stati Uniti, ad esempio, si prevede che il deficit fiscale supererà in media il 6% del prodotto interno lordo nel 2023-24, nonostante un tasso di disoccupazione che dovrebbe essere in media inferiore al 4%.
Una nuova sfida per le banche centrali
Gli shock negativi sul lato dell'offerta sono più difficili da gestire per le banche centrali, rispetto agli shock dal lato della domanda. Ciò è dovuto al fatto che influenzano la crescita (al ribasso) e l'inflazione (al rialzo) in modo diverso, il che significa che le banche centrali devono dare priorità alla stabilizzazione dell'inflazione o della crescita. È probabile che le varie banche centrali affrontino la questione in modo diverso e, dato l'elevato debito pubblico a livello globale, la pressione politica sulle banche centrali per mantenere bassi i rendimenti obbligazionari (costi del debito pubblico) è alta.
Gli effetti sulla diversificazione e implicazioni per i portafogli obbligazionari
Poiché gli shock della domanda spingono la crescita e l'inflazione nella stessa direzione, tendono a spingere i prezzi delle obbligazioni e delle azioni in direzioni diverse.
Questo in passato ha permesso agli investitori di beneficiare della diversificazione. Ma oggi non è più così.
Con una volatilità dell'inflazione è a quella degli ultimi 30 anni, è infatti improbabile che la combinazione di obbligazioni e azioni produca gli stessi vantaggi di diversificazione del passato. Gli investitori che cercano di migliorare i rendimenti corretti per il rischio dovrebbero concentrarsi sulla ricerca di asset e strategie alternativi a bassa correlazione.
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