C`era una volta in Messico... e c`è ancora (l`investimento)

Ho sempre avuto qualche problema con i miti sui mercati emergenti. Non si fa che parlare di quanta esposizione si debba avere ai mercati emergenti, delle migliori demografie a supporto dell’economia, dei rapporti di indebitamento inferiori, degli straordinari tassi di crescita registrati e delle prospettive migliori rispetto all’Occidente sviluppato.

La realtà è che i mercati emergenti sono sempre stati, lo sono ancora oggi, e continueranno ad essere dipendenti dai flussi internazionali di capitali. I flussi internazionali di capitali sono essi stessi molto ciclici, quindi quando le prospettive di crescita mondiali migliorano si vedono affluire i capitali dai mercati sviluppati ai più redditizi mercati emergenti, e si vedono poi questi ultimi sovraperformare. 
I Paesi emergenti particolarmente esposti a questi flussi di capitali internazionali sono quelli che hanno i deficit di bilancio più grandi. Un arresto improvviso o un’inversione di tendenza in questi afflussi di capitali lavscerebbe questi Paesi in una situazione di estrema vulnerabilità. Abbiamo assistito a una dinamica simile nel 2008, e anche l’anno scorso quando le azioni dei mercati occidentali hanno sovraperformato rispetto ai mercati emergenti nonostante le persistenti difficoltà dell’Eurozona. Non sorprende che i Paesi che nel 2011 hanno assistito a una svalutazione maggiore delle proprie divise, erano generalmente quelli con i deficit di bilancio maggiori. 
Un’altra valuta che si è svalutata piuttosto pesantemente l’anno scorso è stata il Peso messicano, che è caduto più del 5% rispetto all’euro, e più dell’8% rispetto al Dollaro americano. Questa svalutazione tuttavia non è stata dovuta al grande dificit di bilancio del Messico, che infatti ha deficit intorno allo 0.5%. Inoltre, non è solo la moneta ad essere interessante in Messico: in un mondo di rendimenti reali negativi, i rendimenti reali di questo Paese sembrano sensazionali con un’inflazione core messicana è del 3.3% anno su anno, e i titoli di stato in valuta locale a 10 anni – gli Mbonos - rendono oltre il 6%. Questi rendimenti reali non sono alti a causa di preoccupazioni per il rischio di credito, dal momento che tra i Paesi emergenti il Messico è uno degli emittenti di migliore qualità, tanto che è oggi considerato un mercato sviluppato, dopo l’inclusione nell’indice Citigroup World Government Bond nell’ottobre 2010. 
Il Messico è Paese emergente su cui siamo positivi per diverse ragioni. In primis, per la situazione politica del Paese: anche nell’eventualità che ci sia un cambio di governo in Messico, difficilmente i mercati ne rimarrebbero sconvolti. Secondo, per la forza dell’economia del Paese. La debolezza del Peso messicano è stata un aiuto per l’industria messicana, e produttori di auto come Nissan, Mazda, Toyota, GM e Chrysler hanno investito molto nel Paese. La Banca del Messico (o “Banxico”) prevede che l’economia messicana crescerà di un solido 3-4% quest’anno, e sebbene la recente siccità stia causando un temporaneo aumento dell’inflazione primaria, l’inflazione core rimane a un livello basso. L’economia gode di un’ottima struttura fiscale grazie alle riforme degli ultimi anni, e il deficit del bilancio dell’anno scorso del 2.5% probabilmente migliorerà ancora nel 2012.
 
Un altro punto a favore del Messico è il successo che ha avuto nel ridurre la propria dipendenza dal debito in valuta estera (debito esterno), rimanendo fermi sulla politica di emettere almeno l’80% del debito in valuta locale e solo il resto in valuta estera. Un effetto collaterale di questa politica è stato il il forte aumento del debito in valuta locale in mano agli investitori stranieri, fino a circa il 44%. Tuttavia, la recente inclusione del Messico nell’Indice Citigroup World Government Bond indica che, a differenza di molti altri mercati emergenti, il debito messicano è distribuito su molti diversi investitori, e non pericolosamente concentrato in mano a pochi grandi obbligazionisti esteri. 
Infine, il capitolo droghe. Come ampiamente pubblicizzato, alcune regioni del Messico sono diventate pericolose, con le aree limitrofe agli Stati Uniti essenzialmente fuorilegge. Nel più lungo termine, il Messico probabilmente si trova di fronte a due scelte: legalizzare le droghe, o seguire la strada della Colombia richiedendo il coinvolgimento militare degli Stati Uniti (la seconda opzione è quella più probabile). In termini più generali, è veramente difficile capire come possa essere eliminato il problema della droga nell’America Centrale, che risponde dalla forte domanda dagli altri Paesi. Dal punto di vista della sicurezza, il Messico ha ancora un tasso di omicidi inferiore a quello del Brasile, intorno a circa 20 omicidi l’anno ogni 100 mila abitanti, di molto inferiore rispetto alla Giamaica, con tasso di 50 omicidi ogni 100 mila abitanti. Tuttavia, mentre la sicurezza è chiaramente una priorità per la popolazione, non dovrebbe influire molto sulla decisione di investire o meno in Messico. 
A mio avviso, i rendimenti elevati che offre il Messico superano abbondantemente i rischi, tenendo comunque presente, come detto all’inzio, che gli asset messicani sono soggetti ai flussi dei capitali internazionali come tutti gli altri mercati emergenti. Su questo punto, tuttavia, è interessante notare che con l’inasprimento dell’Imposta sulle Operazioni Finanziarie – e quindi anche l’acquisto di bond - in Brasile, sta incoraggiando molti investitori giapponesi che cercavano alti rendimenti in Brasile, a guardare al Messico come un’alternativa. Se l’interesse dei giapponesi risultasse anche solo nella metà dei flussi di capitale dal Giappone al Brasile degli ultimi anni, allora ci sarebbe una grande spinta per il Messico, non solo per i costi di finanziamento del Paese, ma anche per la valuta locale, il Peso messicano.
 
di Michael Riddell, team fixed income di M&G Investments
 
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