CASSA FORENSE E IL SISTEMA DI RISCOSSIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI

CASSA FORENSE E IL SISTEMA DI RISCOSSIONE DEI CREDITI  CONTRIBUTIVI

Trento, 16 settembre 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.

Cassa Forense riscuote i contributi non pagati spontaneamente dagli iscritti, affidandosi all’Agenzia per la riscossione e l’operatività dell’Agenzia per la riscossione ha costituito motivo di problematiche giuridiche non solo per Cassa Forense ma anche per i contribuenti.

Dopo il d.lgs. 112 del 1999, è venuto meno l’obbligo dell’Agenzia per la riscossione di versare, anticipatamente, a Cassa Forense, a scadenza fissa, gli importi da riscuotere.

Il d.lgs. 112 del 1999 ha, infatti, introdotto un diverso sistema in base al quale il concessionario, una volta ricevuti i ruoli da Cassa Forense, provvede alla riscossione dei relativi importi e, dopo averli riscossi, ha l’obbligo di riversarli alla Cassa.

In caso di omessa riscossione, il concessionario può ottenere il “discarico per inesigibilità” solo se abbia rispettato determinati adempimenti, mentre perde il diritto al discarico ove, al termine della procedura, venga accertata una sua responsabilità in ordine alla mancata riscossione.

Il rapporto tra Cassa Forense e il concessionario per la riscossione, concretizza un rapporto di mandato.

La Suprema Corte, con la sentenza 26.10.2018, n. 27218, ha affermato che “il concessionario, una volta ricevuta la consegna del ruolo, dovrebbe porre in essere con la diligenza del buon padre di famiglia di cui all’art. 1710 c.c., tutti gli atti della procedura di riscossione in esecuzione del mandato ricevuto, ma non sempre vi provvede con tali modalità e, pertanto, è responsabile per la mancata riscossione, da parte della Cassa, di quei crediti che possano prescriversi per inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di mandato.

La conseguenza è che il concessionario sarebbe tenuto a risarcire alla Cassa il danno derivante dal suo inadempimento, in base a quanto prescritto dall’art. 1223 c.c., da commisurarsi alla perdita subita dalla Cassa per l’inesatta esecuzione del mandato”.

In base alla normativa vigente, occorre distinguere il quadro normativo in relazione ai ruoli consegnati all’esattore ante e post dicembre 1999.

Questo perché la legge di stabilità per il 2013, cioè la legge 228/2012, per tutti ruoli antecedenti al 31.12.1999 ha stabilito l’annullamento automatico dei crediti di importo sino a € 2.000,00 iscritti in ruoli resi esecutivi e per quelli di importi superiore a € 2.000,00, di dare notizia a Cassa Forense dell’esaurimento dell’attività di riscossione, per il discarico.

Per i ruoli post dicembre 1999 è intervenuta la legge n. 190/2014 che ha previsto la parziale revisione della disciplina delle comunicazioni di inesigibilità e del relativo controllo, con applicazione retroattiva della nuova disciplina alle quote affidata agli agenti della riscossione dal 2000; lo scaglionamento in ordine cronologico, inverso a quello dell’affidamento in carico, dei termini di presentazione e controllo delle comunicazioni di inesigibilità; l’allineamento a queste nuove regole di tutti i rapporti in essere, a tal fine prevedendone l’applicazione anche alle comunicazioni già presentate.

I termini sono stati poi ulteriormente prorogati, da ultimo con la legge 87/2023 con cui il termine è stato differito al 30.06.2023 per i ruoli da gennaio 2000.

In questo groviglio normativo, che danneggia sia Cassa Forense che i suoi iscritti, è intervenuta l’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione n. 24043/2024 che ha rimesso gli atti alla prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite per il seguente motivo: «Se, in tema di riscossione coattiva tramite ruoli dei crediti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, il quadro normativo complessivo, in particolare quello disciplinato dalle leggi n.228/2012 e n.190/2014, sia compatibile o meno con l’art.6 par. 1CEDU, quale norma interposta in relazione al parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost., avuto riguardo ai seguenti profili: a) la ricorrenza, nella specie, di elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, come individuati nella pronuncia n.210/2021 della Corte Costituzionale (ADER, ente pubblico, è parte del giudizio; il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999); b) l’incidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria (Cfr. Corte Cost. n.145/2022), sia della necessità di bilanciamento dell’interesse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dell’elevato numero di debitori, dell’accumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dell’ingentissimo importo complessivo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità; c) il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, in quanto i “meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (Corte Cost. n.51/2019 e Corte Cost. n.18/2019); d) la duratura incertezza, derivante dalle suddette proroghe, sull’esito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, l’allungamento considerevole della durata del processo; e) l’incidenza delle suesposte considerazioni sull’efficace esperibilità di rimedi alternativi (azione diretta della Cassa verso gli iscritti debitori), che deve concretarsi nella “ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte” (Corte Cost. n.210/2021)».