CASSA FORENSE E IL NUOVO REGOLAMENTO DELL'ASSISTENZA

CASSA FORENSE E IL NUOVO REGOLAMENTO DELL'ASSISTENZA

Trento, 17 novembre 2023. Di Paolo Rosa, avvocato.

Cassa Forense e il nuovo regolamento dell’assistenza Il 1° gennaio 2024 entrerà in vigore il nuovo Regolamento dell’assistenza di Cassa Forense che tutelerà solo coloro che siano anche in regola con la contribuzione.

La delibera del Comitato dei Delegati di Cassa Forense del 21.07.2023, concernente il nuovo regolamento per l’assistenza, è stata approvata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 19.09.2023 ed è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 246 del 20.10.2023.

Nella sua presentazione sulla rivista La previdenza forense n. 2/2023, il Presidente di Cassa Forense scrive che “Cassa Forense, per accrescere il sostegno e le misure di welfare a favore degli avvocati, ha varato il nuovo regolamento dell’assistenza … alcuni interventi sono stati rimodulati, per renderli maggiormente idonei a sostenere le fasce più deboli …”

Ora il nuovo Regolamento ha previsto, tra i principi generali (art. 1, n. 2) la regolarità dichiarativa e contributiva per l’accesso alle prestazioni assistenziali, sia pure con alcune eccezioni che, alla stregua dei principi solidaristici posti a base del nostro sistema, devono tutelare tutti gli iscritti, come nel caso delle coperture sanitarie e assicurative a carico della Cassa e dei contributi straordinari di nuova previsione, riconosciuti in situazioni di particolare gravità, per le quali sarà richiesta la sola regolarità dichiarativa.

Infatti, l’unica deroga è disciplinata dall’art. 8 per le prestazioni a sostegno della salute (polizze assicurative) che richiede solo la regolarità con l’invio del Modello 5 nel decennio anteriore l’indizione della gara.

Per i contributi straordinari (art. 13), da intendersi quale rimedio residuale in situazioni di particolare gravità, che consente di derogare al requisito della regolarità contributiva, tutto è rimesso alla discrezionalità della Giunta esecutiva. Recita infatti l’art. 13 “in situazioni di particolare gravità la Giunta Esecutiva, anche in deroga al requisito della regolarità contributiva e tenuto conto di altre prestazioni assistenziali già erogate e del reddito ISEE del richiedente, può erogare, una sola volta per evento, un contributo per spese straordinarie documentate”.

Può … è quindi rimesso alla discrezionalità della GE. Morale: chi vuole beneficiare dell’assistenza forense deve essere in regola con gli adempimenti dichiarativi e contributivi. Se sei inadempiente, diventi regolare se hai aderito all’accertamento di Cassa Forense, se hai fatto la regolarizzazione spontanea rateizzabile, così come si evince dalla disciplina della certificazione di regolarità contributiva (e dichiarativa) che Cassa Forense rende nel rispetto della normativa previdenziale forense e che, di fatto, riproduce contenuti analoghi a quelli previsti per il DURC.

Siamo di fronte ad una chiara scelta politica che, a mio giudizio, non compete a Cassa Forense, la quale deve garantire previdenza e assistenza a tutti gli iscritti e non solo ad alcuni (gli adempienti), né tantomeno può usare la leva della assistenza per favorire la cancellazione dagli Albi.

Poiché la platea degli iscritti a Cassa Forense è variegata e il numero dei morosi è molto elevato, il problema si pone in tutta la sua evidenza.

La scelta di Cassa Forense di privilegiare gli iscritti cd. regolari, perché adempienti, si scontra però con la fonte dell’assistenza disciplinata dall’art. 16 per il quale per provvedere all’erogazione delle prestazioni assistenziali la Cassa stanzia, in sede di bilancio di previsione, una somma annua variabile, parametrata al numero degli iscritti, imputandola al gettito del contributo integrativo.

Tale somma è determinata, anno per anno, moltiplicando il numero degli iscritti risultante al 31 dicembre dell’anno precedente per l’importo di € 290 da rivalutarsi annualmente in base agli indici ISTAT per le famiglie di impiegati e operai, con arrotondamento all’euro più prossimo. L’importo annuo stanziato non può in ogni caso superare il 12,50% del gettito del contributo integrativo risultante dall’ultimo bilancio consuntivo approvato.

Ora se noi prendiamo a calcolo il numero di 240.000 iscritti x € 290,00 abbiamo un budget annuo di € 69.600.000,00. Il contributo integrativo, secondo Cass. n. 10454/1998, ha una funzione solidaristica e non è mai restituibile all’iscritto stante questa sua funzione (Corte Costituzionale sentenze n. 132 e 133/1994).

Domanda: poiché il contributo integrativo viene versato da tutti gli iscritti a Cassa Forense, non è restituibile, ma ripetibile dal cliente, può essere utilizzato solo per assistere gli iscritti in regola con gli adempimenti dichiarativi e contributivi, salve le eccezioni di cui sopra? A mio giudizio la risposta è negativa.

Ora se è vero che Cassa Forense gode di autonomia normativa, che i regolamenti, indipendentemente dalla prevista approvazione dei Ministeri Vigilanti, hanno natura negoziale, perché privi di natura regolamentare in senso proprio, così da rendere inammissibile il ricorso in Cassazione ex art. 360, n. 3 c.p.c., si deve tuttavia riconoscere che sono pur sempre soggetti alla valutazione di ragionevolezza di tale scelta alla luce dei parametri costituzionali.

Previdenza e assistenza rispondono, infatti, alla stessa finalità che è liberazione dal bisogno.

Generalmente le prestazioni assistenziali si ispirano al principio dell’universalismo selettivo attraverso la sola prova dei mezzi economici. «Nei termini classici di Weisbroad l’universalismo selettivo favorirebbe l’efficienza verticale dei trasferimenti, impedendo che non poveri vengono egualmente avvantaggiati dai trasferimenti. Selettività significa selezione dei beneficiari sulla base di una prova dei mezzi: accedono ai trasferimenti i poveri, intesi come i soggetti le cui risorse sono al di sotto di una data soglia.

La prova dei mezzi, inoltre, dovrebbe avvenire su base familiare, in modo da evitare che dei trasferimenti si avvantaggino individui che poveri non sono, vivendo in famiglie non povere. Universalismo significa accesso ai benefici sulla base solo dell’insufficienza di mezzi, indipendentemente da qualsiasi riferimento a variabili categoriali, quali le condizioni di lavoro, l’età, il genere e il luogo di residenza”.

I criteri stessi di definizione della situazione economica dei soggetti dovrebbero essere uniformi per tutto il paese. Sull’argomento per approfondire Franzini M., Raitano M. 2007, “Welfare state universalistici e selettivi: definizioni, tendenze ed effetti”, Rapporto sullo stato sociale 2007, Roma, Utet.» (E. Granaglia, Welfare: universalismo e selettività, in www.astridonline.it ) Adottando il criterio distintivo del finanziamento (versamento o meno dei contributi), le prestazioni previdenziali sono finanziate dal versamento dei contributi mentre quelle assistenziali sono slegate dalla contribuzione versata e sono erogate a totale carico dello Stato.

Va chiarito che la distinzione che si basava sui differenti metodi di finanziamento, che non influiscono sulla funzione propria delle varie forme di tutela, sembrerebbe superata. Infatti, nell’articolo 38 non viene in diretta rilevanza il tema del finanziamento del sistema di protezione sociale.

Si registra, piuttosto, una certa prossimità tra i due comparti della previdenza e dell’assistenza, anche sotto il profilo del finanziamento: l’obbligazione di versare i contributi e quella di erogare le prestazioni non sono obbligazioni corrispettive, non realizzano la composizione di un conflitto di interessi tra soggetti obbligati, ma sono destinate a soddisfare un interesse superiore, quello pubblico.

Infatti, se i contributi previdenziali hanno natura di prestazioni patrimoniali, sono imposti per reperire mezzi necessari al soddisfacimento dell’interesse pubblico connesso alla realizzazione della tutela previdenziale. Come precisato, la scelta sulle modalità di reperimento dei mezzi per soddisfare tale interesse pubblico, imposizione fiscale generale o contributiva limitata ad alcune categorie di cittadini in quanto lavoratori, è esclusivamente politica.

Se è vero che il nuovo Regolamento supererà, come scrive il Presidente, le criticità emerse in sede di applicazione dell’attuale sistema assistenziale, tra le quali, ad esempio, l’avvertita necessità di equiparare le unioni civili al coniuge e il convivente di fatto al convivente more uxorio, ne aprirà di più gravi e massive per tutti coloro, e sono tanti, che resteranno esclusi dall’assistenza forense.

La Fondazione Enpam, che è la grande di tutte le Casse, opera diversamente come si evince dal regolamento che riporto: «Regolamento delle prestazioni assistenziali del fondo di previdenza generale Norme di attuazione delle disposizioni di cui al titolo IV del regolamento del Fondo di Previdenza Generale (Approvate dal Consiglio di Amministrazione dell’E.N.P.A.M. con delibera del 26/1/2007) Art. 1 (Beneficiari delle prestazioni) 1.

Le prestazioni assistenziali di cui al presente regolamento sono erogate agli iscritti attivi ed ai pensionati del Fondo di Previdenza Generale, nonché ai loro superstiti, come individuati dall’articolo 23 del Regolamento del Fondo. 2. Ai fini della concessione delle prestazioni il reddito complessivo di qualsiasi natura del nucleo familiare, riferito all’anno precedente, non deve essere superiore a 6 volte l’importo del trattamento minimo INPS nel medesimo anno. Tale limite è aumentato di un sesto per ogni componente il nucleo familiare, escluso il richiedente. 3. Le domande di prestazione assistenziale, corredate da idonea documentazione, devono essere inviate per il tramite dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di competenza».  

La distinzione poi tra adempienti e non adempienti lascia scoperto il tema della inadempienza incolpevole.

Tema sul quale vi sono stati numerosi arresti della Suprema Corte che ha fatto il punto sull’incidenza della crisi di liquidità sulla punibilità del contribuente (Cass. 21158/2020).

La nozione di forza maggiore, infatti, secondo le recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione nn. 1578/2021 e 24308, 21681 e 20389 del 2020 comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee al soggetto tenuto all’adempimento tributario, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando tutte le varie misure appropriate.

Perché punire, escludendolo dalla assistenza, l’inadempiente incolpevole? Forse perché non si è cancellato dall’albo come misura appropriata ad escludere la illiquidità?