Bolla 2006-2007 e la crisi delle banche

La crisi delle banche non è finita e i mercati se ne sono accorti. Sbagliano quanti spiegano in termini di politologia (del tipo Monti è un `re nudo` in balia di partiti e sindacati riferita alla controversa riforma del lavoro) la nuova debolezza delle quotazioni azionarie e il concomitante rialzo dello spread Btp-Bund fino a 360 basis points.

Bolla 2006-2007 e la crisi delle banche

La ragione è decisamente di natura tecnica e viene da lontano. Gli hedge funds `ribassisti` scommettono contro l`euro e contro i debiti sovrani tanto che le azioni italiane hanno perso l`11,3% dal 19 marzo ad oggi. Gli Etf a leva, lucrando al ribasso, permettono ai gestori di difendersi dal calo dell`azionario alimentando così una paradossale rincorsa tra rischio e volatilità. Ma le ragioni di questo ribasso riflettono le scellerate decisioni assunte dalle banche negli anni della bolla 2006-2007 e sollevano dubbi sull`azione di controllo autorizzativo svolta dalla Banca d`Italia. Vediamo perché.

Anche un giurista di fama come Guido Rossi è intervenuto sull`argomento sollecitando un ritorno allo `stato di diritto`. Due dati riassumono la situazione delle banche italiane: 1) I crediti a rischio sono saliti a 175,6 miliardi (+10% sul 2010) dei quali ben 100 miliardi (56% del totale) rappresentano le `sofferenze` cioè crediti difficilmente recuperabili. Unicredit ha crediti deteriorati per 72 miliardi ed ha messo a bilancio svalutazioni per 32 miliardi di euro. Intesa-San Paolo per 41,7 miliardi con incagli pari a 11,5 miliardi. MPS per 23 miliardi con incagli pari a 5,7 miliardi ed un `coverage ratio` del 41,4 per cento. 2) Nel biennio 2006-2007, inseguendo la folle idea di fare `massa critica`, vi fu una grande ondata di fusioni e acquisizioni a prezzi da capogiro. Oggi i valori degli sportelli bancari sono calati dai 9,8 milioni del 2005 ai 4,6 del 2011. Il calo riflette correttamente  la flessione del 50% dell`operatività media degli sportelli dal 2008 a oggi. La conseguenza? I bilanci 2011 dei 13 maggiori gruppi bancari presentano una perdita di 26 miliardi conseguenti al taglio dei valori di avviamento (goodwill). MPS ha addirittura tagliato questi valori del 92,2% (-4,86 miliardi) avendo pagato ben 9 miliardi la banca Antonveneta ora in carico ad `appena` 3,34 miliardi. Dove era la Vigilanza della Banca d`Italia in quegli anni? O forse c`è a monte un errore ideologico-dottrinario sul concetto di `massa critica`? Nel complesso, il `disagio` contabile delle banche è evidente. All`aumento di 16 miliardi dei crediti a rischio per le banche italiane si aggiungono i 26 miliardi perduti per il taglio dei maxi-avviamenti che erano basati sulle prospettive di redditività, vero tallone di Achille del settore. Ed è questo il punto dolente su cui i mercati hanno puntato l`attenzione in termini negativi. Le previsioni di Kepler Capital Markets sugli utili netti delle banche per il 2012-13 sono state ridotte del 23,7%. Se poi si aggiungono i 120 miliardi di obbligazioni bancarie in scadenza nei prossimi sei-otto mesi e le perdite che si profilano nei portafogli conto-proprio riempiti di titoli di stato italiani, si comprende come vi sia un`atmosfera pesante che si allarga anche alle compagnie assicurative (compresa la Generali di Venezia). Il rischio maggiore non è certo quello della solidità delle banche, che resta del tutto valida e sostenibile, ma di venire acquisite a basso prezzo dalle banche e dai fondi esteri. Un lusso che Italia non può permettersi.

Scritto da Guido Colomba

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