Banche, lo spettro nero che si aggira da Francoforte a Washington

Bank run. È dietro queste due parole - che evocano le code fuori dalla banca per mettere in salvo i depositi, come dopo il 1929 - che si nasconde lo spettro che, da Francoforte a Washington, agita il sonno di molti e potrebbe generare un massiccio piano per evitare un collasso bancario su larga scala.

Nel nascosto delle riunioni a porte chiuse, ma con importanti squarci di luce, da settimane banchieri centrali, governi e autorità finanziarie da entrambe le sponde dell`Atlantico discutono piani di emergenza per gestire un eventuale precipitarsi degli eventi. Di fatto, come grida il Wall Street Journal e come riporta Ansa, nonostante gli oltre 1.000 miliardi di euro messi sul piatto dalla Bce «le banche europee temono una fuga» dei loro clienti. Ecco allora che le autorità europee, per scongiurare un panico che potrebbe divenire incontrollabile, studiano «un piano pan-europeo per garantire i depositi». Poche settimane fa Mario Draghi, il presidente della Bce, aveva auspicato un `resolution plan`, un piano per gestire e controllare salvataggi bancari su scala europea. Ma a muoversi sono anche Gran Bretagna e Stati Uniti, dove risiedono i `Big` della finanza come Jp Morgan la cui esposizione verso l`Europa si sta rivelando sempre più preoccupante.

Ecco allora che la Banca d`Inghilterra, la Fsa (la Consob britannica) e la Fdic americana (l`ente che garantisce i mutui), secondo il Financial Times, starebbero studiando un meccanismo di `top-down bail-in`, sorta di messa sotto sequestro della banca a rischio da parte delle autorità, infliggendo perdite agli investitori ma salvaguardando l`operatività degli istituti: si tratta di scongiurare un effetto-domino stile Lehman Brothers. In questa partita la Grecia è il fattore di rischio numero uno, con l`ipotesi di addio all`euro ormai sulla bocca di tutti. Se succedesse, Stefan Nedialkov, analista di Citigroup, stima che le banche di Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna potrebbero perdere rapidamente fra i 90 e i 340 miliardi di euro di depositi. Non a caso i leader del G8 hanno esorcizzato uno scenario siffatto. Intanto, però, solo la scorsa settimana i correntisti greci hanno fatto sparire 700 milioni dagli istituti ellenici, dopo una lenta, ma inesorabile tendenza a portare i soldi all`estero che ha sottratto agli istituti greci un terzo dei conti bancari in due anni. Poi c`‚ la Spagna: fra le voci, smentite, di fuga dei depositi da Bankia, Madrid stima che, pur nazionalizzata, la banca ha bisogno di altri 7-7,5 miliardi di euro. Secondo il Fmi, per superare gli `stress test` imposti dal governo, il 30% delle banche spagnole avrà bisogno di aiuti di Stato, se non di una costosa nazionalizzazione tout court. L`Institute of International Finance (Iif), stima per le banche spagnole fino a 260 miliardi di dollari nel 2012-2013 e aiuti pubblici necessari per 50-60 miliardi di dollari. Le più colpite - aggiunge l`Iif - sono la Cjas, le casse di risparmio, ma il sistema iberico è in una posizione migliore rispetto a quelle delle banche irlandesi colpite dalla crisi immobiliare. Intanto i clienti inglesi stanno ritirando fondi da Santander (200 milioni di sterline venerdì scorso), che ha dovuto ingoiare il declassamento da parte di Moody`s. Proprio come le banche italiane: Montepaschi e Banco popolare sono ormai sulla soglia della spazzatura. La Francia del neo-presidente Francois Hollande affronta la prima prova con la possibile nazionalizzazione di Credit Immobilier de France, l`istituto dei mutui. Scricchiolii arrivano anche dalla Germania: il settimo maxi-fondo immobiliare ha appena dichiarato la liquidazione, questa volta si tratta di Euroreal (che fa capo a Credit Suisse) con ordini di rimborso per 7,6 miliardi di dollari. E poi c`‚ Jp Morgan che rappresenta un segnale d`allarme globale e chiama in causa l`esposizione americana verso il Vecchio Continente.

La banca di Jamie Dimon, al di là del buco da almeno due miliardi di dollari subito proprio per l`esposizione nel Vecchio Continente, rappresenta il maggior acquirente di titoli garantiti da mutui in mercati europei oggi diventati rischiosi. È stata dal 2009 fra i maggiori acquirenti di pacchetti garantiti da prestiti emessi da Royal Bank of Scotland, Lloyds, Santander e, nei Paesi Bassi appena entrati in recessione, Ing ed Aegon. Uscita indenne dalla crisi del secolo quattro anni fa, oggi anche la roccaforte dell`investment banking fa i conti con gli spettri del passato.

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