Banche e soglie d`usura. Ecco come verificare la correttezza del rapporto con il cliente
Nelle operazioni di verifica del rispetto delle soglie d’usura, indicazioni fuorvianti dell’organo amministrativo e pretestuose argomentazioni di coerenza ed omogeneità con il calcolo del TEGM hanno, per lungo tempo, determinato uno stato di confusione che ha favorito e alimentato diffusi comportamenti non propriamente ortodossi.
L’operatore bancario, compresso e costretto fra i costi della provvista, gli o neri di gestione, la copertura dei rischi di insolvenza da un lato e i limiti di tasso al credito dall’altro, ha fatto ampio ricorso ai margini discrezionali consentiti dall’art. 118 del T.U.B. per variare, e spesso introdurre, spese ed oneri accessori, la cui natura e causalità sono risultate talora arbitrarie, indeterminate e volte ad eludere le soglie d’usura. Frequentemente al rapporto di conto corrente è associato uno o più rapporti di finanziamento, quali apertura di credito e anticipazione. Questi costituiscono distinti contratti, legati dalla circostanza che il finanziamento concesso è regolato sul conto corrente, il quale assolve servizi diversi quali deposito della liquidità, pagamenti e incassi tramite assegni e bonifici, domiciliazione delle bollette, prelevamenti bancomat, ecc..
Si pone pertanto il problema di distinguere spese ed oneri attinenti l’erogazione del credito concesso, da considerare nel calcolo del TEG, da spese ed oneri che trovano invece giustificazione nei servizi diversi dal finanziamento in conto. Permangono dubbi ed incertezze in specifiche circostanze operative. Tenendo debitamente presente che le modifiche unilaterali previste dall‘art. 118 del T.U.B. sono riferibili esclusivamente a variazioni relative a condizioni previ ste contrattualmente, si rende opportuno valutare sia la congruità e causalità di eventuali spese ed oneri, previsti contrattualmente e modificati nel tempo, sia l‘illegittimo addebito in conto di spese ed oneri introdotti ex novo. In questa seconda fattispecie le spese e gli oneri vanno ricompresi nella veri fica del TEG qualunque sia il titolo di imputazione o solo se la motivazione indicata dalla banca è connessa all‘erogazione del credito? In presenza di un‘apertura di credito e/o di un ‘anticipazione, il credito erogato dalla banca si modifica nel corso del tempo, entro i limiti di fido, e spesso oltre detti limiti, dipendendo dal flusso di rimesse e pagamenti. Il saldo passivo del conto esprime, tempo per tempo, il credito utilizzato. Poiché il credito erogato é la risultante degli addebiti e accrediti in conto, in presenza di importi illegittimamente addebitati dalla banca il credito effettivamente concesso dalla stessa risulta inferiore a quello espresso dal saldo passivo.
Per la verifica del TEG praticato dalla banca, se il saldo passivo risulta lievi tato a seguito di indebiti interessi, oneri, spese e valute appostati in conto nel corso dei trimestri precedenti, può questo saldo essere assunto a riferimento, senza alcuna rettifica? In quali circostanze, in caso contrario, è corretto operare delle rettifiche? Le `Istruzioni‘ della Banca d ‘Italia, in tutte le edizioni elaborate, prevedono che nel calcolo del TEG si impieghino i numeri , cioè il saldo per i giorni, indicati nell ‘estratto conto, nella presunzione di regolarità del rapporto, di pieno rispetto della normativa bancaria e dei termini contrattuali. Nelle circostanze nelle quali si accerta una divergenza fra le condizioni legalmente pattuite nel contratto e quelle concretamente praticate, assume comunque rilievo l ‘aspetto fattuale: l ‘art. 644 c.p. sanziona tanto il `farsi promettere‘ che il `farsi dare‘, a prescindere da vizi di parziale o totale nullità. E‘ evidente che, depurando il credito, risultante dal saldo passivo del conto, delle illegittime appostazioni effettuate dalla banca in tutti i trimestri precedenti, si verrebbe a ridurre il denominatore del TEG e facilmente potrebbe risultare un tasso debordante le soglia d ‘usura. La problematica appare assai articolata e complessa, risultando le diverse tipologie di possibili illegittimità connaturate da una graduazione assai variegata di consapevolezza di commettere un illecito. Occorre più precipuamente distinguere e valutare gli addebiti la cui legittimità è (era) plausibilmente discutibile, e non è (era) soltanto un pretesto per incrementare occultamente il costo dell‘effettivo credito erogato. I primi assumono rilievo esclusivamente sul piano civile, permanendo una con creta alea di dubbio, mentre i secondi debordano sul piano penale, a motivo dell‘implicita consapevolezza e volontà, rimanendo inescusabili forme di imperizia o ignoranza da parte di un operatore professionale.
Se il consulente tecnico si attenesse a rigidi criteri oggettivi di accertamento dell‘usura, considerando nei conteggi ogni voce giudicata illegittima a prescindere dagli aspetti soggettivi che rilevano sotto l ‘aspetto più propriamente penale, fornirebbe un ‘indicazione completamente avulsa dall‘elemento psicologico di consapevolezza e volontà insito nel reato d‘usura. Sotto questo aspetto le risultanze peritali risulterebbero di scarsa utilità per il P.M. e per il Giudice. Per gli interessi anatocistici, ad esempio, sino alla prima sentenza contraria della Cassazione n. 2374/99, l ‘addebito in conto risultava del tutto pacifico, di regola non contestato e riconosciuto dalla giurisprudenza: la sua illegittimità, per il periodo precedente la Delibera CICR 9/2/00, è stata definitivamente sancita solo dalla Cassa zione S.U. del ‘04 e precisata nelle modalità di capitalizzazione dalla Cassazione del dicembre ‘10. In un procedimento per violazione dell ‘art. 644 c.p., sino al ‘04, risulta pale semente escluso l ‘elemento soggettivo, per l ‘usura ascrivibile alla depurazione del saldo passivo del conto degli interessi anatocistici addebitati nel periodo precedente la Delibera CICR 9/2/00. Ma per il periodo successivo al ‘04, dopo la definitiva pro nuncia della Cassazione, è corretto rettificare il credito erogato degli interessi anatocistici precedenti la Delibera CICR del ‘00? Si ritiene che un accorto ausilio al magistrato possa essere meglio prestato trascurando quegli aspetti che più palesemente escludono ogni forma di volontà e consapevolezza di commettere l ‘illecito, rimettendo invece allo stesso la valutazione sugli aspetti di maggiore incertezza.
Appare questo il criterio generalmente adottato e condiviso, sinora seguito nei vari accertamenti penali di usura bancaria. Per gli oneri, spese e valute, illegittimamente ricompresi nel saldo passivo del conto occorrerà, come detto, valutare attentamente, in presenza o meno di una forma le contestazione, la sussistenza o meno della consapevolezza e volontà di praticare un illecito suscettibile di assumere, cumulativamente nel tempo, la veste di reato d ‘usura. Il problema sembra assumere un rilievo particolare quando spese, oneri e valute, come anche gli interessi, non siano specificatamente convenuti in contratto e/o si sia fatto per essi riferimento agli usi di piazza. In tali circostanze la violazione dell ‘art. 117 del T.U.B. risulterebbe palese e, ancor più in presenza di una formale contestazione che abbia fatto valere la nullità delle condizioni, non sembrerebbero giustificate ignoranza o negligenza di condotte dell ‘intermediario che, perseverando l ‘addebito di costi non formalmente convenuti, possono far lievitare il saldo a debito, determinando un divario crescente con il credito effettivamente concesso. Per contro si può tuttavia osservare che, nella gestione dell ‘ampio aggregato dei conti della clientela, le variazioni delle condizioni curate a norma dell ‘art. 118 del TUB vengo no effettuate in via informatica nella presunzione di un originario contratto completo e regolare. In tali circostanze rimane difficile ravvisare elementi soggettivi d ‘usura, determinati da successivi addebiti nel tempo che, per un ‘incuranza e negligenza occasionali nella predisposizione dei contratti originari, dovessero risultare non pattuiti. Non si può per altro trascurare il generale principio bonam partem che presiede la normativa penale. Un altro problema si pone, infine, nelle pregiudizievoli e poco trasparenti cir costanze nelle quali la banca acconsente acché il fido concesso venga sistematica mente e costantemente sconfinato, applicando condizioni di tasso, commissioni e spese più esose43.
L ‘apertura di credito, pur in assenza di un contratto scritto, rimane valida, a norma dell‘art. 117 TUB, in quanto frequentemente il contratto di conto corrente, che ricalca un modello suggerito dall‘ABI, disciplina anche le clausole relative all‘eventuale apertura di credito in conto concordata in secondo tempo fra la banca e il cliente (Cass. Civ. Sez. I, 9/7/05, n. 14470). Diversamente per lo sconfinamento non sussiste spesso alcun regolamento negoziale, essendo al più previsto che la banca possa discrezionalmente consentire lo sconfinamento, al quale tuttavia il cliente non ha alcun diritto. In generale, se, nel medesimo trimestre, sono convenute condizioni e tassi di stinti, per separate linee di credito, ancorché relative alla medesima categoria e insistenti sul medesimo conto, non appare rispondente al dettato normativo operare un ‘aggregazione degli interessi ed oneri trimestrali e determinare in tal modo un tasso unico, risultante dalla media dei valori applicati. Analogamente, nel momento in cui la Banca acconsente a pagamenti oltre il fido concesso, sui quali di norma applica tassi e condizioni distinti, di fatto risulterebbe accordare un ulteriore finanziamento, giuridicamente distinto dal fido accordato? O più semplicemente esso costituisce soltanto un ‘estensione del finanziamento in essere? Anche quando la banca prevede in contratto tassi e condizioni distinte per la parte compresa entro il fido e per l ‘eventuale extra fido, risulta corretto, nella verifica d ‘usura, calcolare il complessivo costo del credito nel trimestre sommando gli interessi, spese ed oneri applicati entro il fido con quelli più elevati praticati per l ‘extra fido? Tale criterio risulterebbe disattendere lo spirito della norma che espressamente punisce “chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per al tri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari”. Il disposto normativo sanziona non l ‘applicazione di tassi media mente usurari, ma più semplicemente i tassi usurari45. Qualora la banca abbia praticato, anche per la sola parte di credito in extra fido, condizioni di tasso, spese ed oneri superiori alla soglia d ‘usura, sembrerebbe corretto ritenere che questa non possa es sere elusa con una metodologia di verifica che, fondendo tassi più alti con tassi più bassi, riconduca il valore medio al di sotto della soglia. Un avviso contrario ha espresso il G.u.p. A. Panichi nella sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, n. 117 del 9/07/09, depositata il 23/7/09 – esaminata dalla Cassazione nella famosa sentenza 12028/10 – nella quale ha ritenuto che `in relazione alla necessità di elaborare distinti conteggi in funzione delle diverse condizioni contrattuali, non si potesse accedere alla richiesta (del CTP), in quanto l ‘erogazione del credito concesso dalla Banca si inquadra nell ‘ambito di un rapporto unitario; diversamente opinando si sarebbe infatti introdotto il concetto nuovo di usura marginale, che riguarda cioè soltanto la parte dell‘affidamento che eccede il limite di fido concesso (o lo scaglione contrattuale) con la conseguenza che tale criterio di calcolo non sarebbe stato coerente con il quadro normativo di riferimento”.
Per gentile concessione dello studio Marcelli e di Assoctu, Associazione che riunisce i consulenti del Tribunale in materia bancaria e finanzia.