BANCHE CENTRALI: COSA SI SA E COSA SI DEVE INDOVINARE...
Milano, 29 aprile 2023. Abstract del Macrocast settimanale a cura di Gilles Moëc, Chief Economist di AXA Investment Managers.
Il dibattito sulle valute digitali delle banche centrali è sempre più acceso ed è facile intuire che le argomentazioni politiche e tecniche ne ostacolano l'adozione su larga scala.
Analizziamo ciò che la Fed e la BCE “sanno” e ciò che devono “indovinare”, mentre gli indicatori segnalano una pausa imminente negli Stati Uniti più che nell'area dell'euro.
Le valute digitali delle banche centrali sono generalmente considerate un "compromesso" non conflittuale che offre i vantaggi tecnici delle criptovalute senza i rischi per la stabilità finanziaria.
La comunità delle banche centrali ha lavorato positivamente, anche se con prudenza, su questi temi, ma alcuni operatori chiave stanno chiaramente esitando.
Recentemente il governatore della Fed Bowman ha prodotto un lungo elenco di obiezioni riguardo ai CBDC, anche se ha concluso il suo intervento con un semplice invito ad "approfondire la ricerca".
Chi sostiene le CBDC per il loro potenziale di policy - la capacità di gestire in modo efficiente il limite inferiore dei tassi della banca centrale - potrebbe sottovalutare le insidie politiche e tecniche.
Il rischio derivante da un numero illimitato di CBDC per il sistema bancario è riconosciuto dalla maggior parte dei loro stessi sostenitori.
Questa argomentazione ha probabilmente guadagnato terreno, viste le recenti turbolenze bancarie.
Dopo un aprile tranquillo per Fed e BCE, il mercato si prepara a un maggio molto più movimentato: cerchiamo di capire cosa "sanno" le due banche centrali, ossia il messaggio inviato dai dati tangibili, e cosa devono "indovinare", ossia cosa possono dedurre dai recenti sviluppi.
A nostro avviso, gli indicatori sono diversi per le due banche centrali.
Negli Stati Uniti, i dati sui prezzi suggeriscono che l'inflazione di fondo sta rallentando e l'impatto delle turbolenze bancarie, sebbene sotto controllo dal punto di vista della stabilità finanziaria, è già evidente.
Non è necessario un “eccesso interpretativo” per concludere che una pausa sarà appropriata dopo “un ultimo” rialzo a maggio.
Nell’Eurozona ci vuole il microscopio per rilevare una decelerazione dei prezzi core, mentre gli indicatori chiave suggeriscono che l’economia reale sta reggendo bene, alimentando potenzialmente l’inflazione trainata dalla domanda.
I dati sul credito ci dicono che l’inasprimento monetario sta facendo il suo corso, ma sono necessarie “congetture” per dimostrare l’impatto delle turbolenze bancarie.
Infine, mentre i salari aggregati osservati rimangono contenuti, i recenti accordi salariali a livello settoriale (ad esempio, la proposta molto generosa nel settore pubblico tedesco) possono essere interpretati come segnali che i salari sostituiranno presto i margini di profitto come fattori chiave dell’inflazione.
L’idea che ci sia più strada da percorrere, e più di un rialzo dei tassi in questo ciclo, è più probabile nell’area euro che negli Stati Uniti.