Azioni in azione
“É facile immaginare il motivo per cui l’azionario europeo sia stato impopolare tra gli investitori per tanto tempo. In termini di asset allocation, il fatto che l’Europa fosse sottopesata rispetto agli Stati Uniti ne è stato un chiaro motivo. Con l’azionario europeo sottoperformante rispetto agli altri Paesi del 36% sin dall’inizio del 2010, molti investitori hanno deciso di eliminare del tutto la regione dalla loro asset allocation, portando nel giro di cinque anni l’azionario europeo ad essere ridotto al minimo nei portafogli gestiti a livello globale.
“Abbiamo tuttavia esaminato attentamente il segmento del settore corporate europeo, quello con una moderata esposizione a livello domestico e con la maggior parte dei suoi profitti provenienti dall’estero. I fondamentali a livello societario per questo sotto settore in Europa sono più solidi di quanto lo siano stati in molti anni. Tuttavia, nonostante i buoni fondamentali sottostanti, i prezzi delle azioni di queste società sono strati impattati in modo negativo dall’incertezza causata dalla crisi del debito sovrano in Europa. Nonostante tutte le incertezze che devono ancora palesarsi, riteniamo comunque che la recente volatilità di mercato offra opportunità per guadagnare un’esposizione alle azioni di alcune società multinazionali large-cap quotate in Europa attentamente selezionate.
“L’Unione Europea, nel complesso, ha visto un significativo incremento dei livelli di debito complessivo, tuttavia i bilanci di alcune società multinazionali europee non del settore finanziario sono in uno stato migliore rispetto ai Paesi in cui sono quotate. L’outlook di solida crescita determinato dalla generazione di rendimenti globali consente a queste società di essere relativamente ben posizionate sia sul breve sia sul lungo termine.
La redditività delle aziende è ai massimi da molti anni
“I rendimenti societari sono vicini ai massimi da molti anni in Europa e in altre regioni del mondo e ci siamo spesso interrogati in merito alla sostenibilità dei margini di profitto a questi alti livelli.
“Una gran parte dei costi base di una società è determinata dalla forza lavoro e, con le economie lontane dalla piena occupazione a livello globale, non ci aspettiamo un’inflazione dei salari né un aumento del costo del lavoro. Le società continuano anche a tagliare i costi e grazie a queste misure hanno ottenuto buoni rendimenti della produttività. Entrambi questi fattori ci portano ad essere ottimisti sulla sostenibilità dei margini, intravedendo solo una possibilità di debole contrazione. Il forte rimbalzo nella redditività ha anche determinato un ugualmente forte rimbalzo nella generazione di cashflow nel corso degli ultimi anni. Questo è a nostro avviso importante perché riteniamo che il cashflow sia il vero indicatore di profitto di una società. Nel corso dei precedenti periodi di ripresa economica, le società hanno utilizzato il cashflow in eccesso e si sono poi trovate a dover farsi carico di ulteriore debito per favorire l’espansione del business in previsione di un aumento della domanda. Nel corso di questa ripresa, tuttavia, le società non hanno aumentato la leva con spese di investimento e l’attività di acquisizione è rimasta ai minimi storici. I team di gestione, invece, stanno cercando sempre più di rimborsare gli azionisti tramite il pagamento di dividendi o il buy-back (riacquisto di azioni proprie)”.
Solide prospettive di crescita
“Nonostante in Europa la crescita economia sia debole, le società europee sono diventate sempre più globali e ora generano una significativa parte delle loro entrate al di fuori della regione. Il rapporto tra la debole crescita del PIL in Europa e la crescita delle vendite/profitti è quindi meno diretto rispetto al passato. Le multinazionali europee hanno anche un’esposizione particolarmente rilevante alle economie sviluppate, che dovrebbero continuare a crescere ad un tasso maggiore rispetto alla regione europea. Molte di queste economie stanno anche attuando il passaggio da una crescita guidata dalle esportazioni ad una crescita guidata dalla domanda interna.
Alti rendimenti da dividenti per gli azionisti
“In media, le società europee offrono dividendi di circa il 4%, comparabili in modo molto favorevole a quelli dei tassi di deposito o al debito governativo di più lungo termine in Europa. Desideriamo focalizzarci sulle società in cui quei dividendi possono essere sostenibili grazie ad una bassa leva e una diversificazione globale. Ovviamente ci sono rischi nel possedere azioni, ma riteniamo che sia interessante poter detenere azioni nelle società con profitti multinazionali, solidi bilanci e rendimenti da dividendi elevati.
Valutazioni interessanti
“Visti tutti i timori a livello macro è comprensibile che sulla maggior parte dei sistemi di misurazione tradizionali l’equity europeo sembri valutato in modo interessante. Sulla base del price to earning, per esempio, l’azionario europeo scambia a 10x utili attesi rispetto ai 13x degli ultimi 20 anni – ben al di sotto dell’azionario statunitense. Sulla base del price to book, lo sconto dell’azionario europeo rispetto al passato è solo 1,1x rispetto a 1,5x. Ciò che è molto più interessante è il confronto tra le società multinazionali in Europa e quelle negli Stati Uniti. Abbiamo analizzato la media delle valutazioni delle più grandi società per settore negli Stati Uniti rispetto a quelle in Europa. In molti casi, le società europee erano a sconto nonostante avessero spesso migliori fondamentali.
Selezione azionaria specializzata
“È ovvio che eliminare le perdite è davvero importante per realizzare investimenti di successo e richiede competenze nella scelta delle azioni. Le società utility, per esempio, sono state solitamente considerate come azioni a buona remunerazione fino alla recessione del 2008. La domanda è poi crollata, facendo scendere i prezzi dell’energia. Il settore sta ora facendo i conti con una domanda in calo, un’offerta in eccesso e una gran quantità di debito a bilancio. Alcune società hanno quindi tagliato i loro dividendi nel corso degli ultimi 12 mesi. Per quanto riguarda le banche europee, anche loro stanno affrontando numerosi cambiamenti. I loro business tradizionali sono stati colpiti dalla debole crescita economica europea in un momento in cui avevano un alto grado di leva finanziaria ed erano molto dipendenti dal finanziamento all’ingrosso che ora non esiste più. La BCE è dovuta intervenire offrendo loro circa 1 trilione di euro attraverso una finestra di LTRo di 3 anni per andare incontro ai loro problemi di finanziamento.
“Sulle banche europee pesano anche i problemi di debito sovrano più direttamente rispetto a qualsiasi altro settore. Le banche spagnole e italiane, per esempio, hanno una capitalizzazione di mercato complessiva di 120 miliardi di euro, a fronte di un’esposizione totale al debito sovrano di 500 miliardi di euro – quindi chi ha investito in queste banche sta fondamentalmente prendendo un’esposizione a leva sul debito sovrano. Mentre i leader politici sono alle prese con la crisi in un clima di grande incertezza, a nostro avviso non è evidentemente il momento di farsi carico di questa esposizione – quindi rimaniamo sottopesati in modo significativo sul settore bancario. Vi sono, ovviamente, alcune eccezioni: le banche con esposizione ai mercati emergenti beneficeranno di un potenziale di crescita maggiore.
L’opportunità alle porte
“Mentre nessuno dubita delle sostanziali difficoltà che sta affrontando l’Europa, gli investitori stanno lasciandosi sfuggire alcune occasioni in Europa. Una di queste è la Germania che continua ad essere il lato positivo della regione.
“A causa di tutti i problemi che ha l’Europa internamente, la crescita della regione dipende anche dalla crescita nel resto del mondo. Riteniamo che la domanda globale, proveniente in modo particolare dall’Asia, sarà un trend - non un’evoluzione ciclica - che continuerà a beneficiare le multinazionali europee. Se da una parte la crescita dei Paesi emergenti sarà molto debole nel secondo e terzo trimestre, d’altro lato quest’anno le politiche monetarie nei paesi emergenti saranno probabilmente espansive visti i minori timori di inflazione. Inoltre, visto il debole indice di produzione composito PMI a livello globale da inizio anno, il rallentamento dei mercati emergenti è già stato messo in conto. Per quanto riguarda il ritmo della ripresa globale, gli indici PMI indicano che l’espansione procederà quest’anno e la crescita globale si attesterà probabilmente intorno al 2,0%-2,5%.
“Riteniamo di essere ad un punto in Europa in cui l’attuale incertezza politica degli ultimi due anni ha fatto crollare i prezzi di molte azioni a livelli che in alcuni casi non sono correlati con i fondamentali. Ci riferiamo in particolare ad un sotto-settore di società con solidi bilanci, alti margini di profitto e un’esposizione ad entrate ai mercati in crescita in tutto il mondo.
Cogliere l’occasione
“Il fatto che il contagio della crisi del debito sovrano in Europa si sia esteso al suo mercato azionario offre agli investitori un’occasione volta a costruire un’esposizione ad azioni in società multinazionali grandi, ben diversificate e di buona qualità”. Il sell-off broad-based significa che queste azioni scambiano a sconti significativi rispetto ai competitor globali – in gran parte perché sono quotate in Europa. Ci riferiamo talvolta a queste società come realtà “quotate in Europa per errore”. Mentre i giornali continueranno a focalizzare l’attenzione sulla crisi - almeno nel medio termine - è rilevante notare quanto siano basse le aspettative degli investitori di vedere reali progressi verso la soluzione della crisi. I grandi dividendi di queste società pagano bene gli investitori nell’attesa che le azioni diminuiscano gradualmente il gap in termini di valutazione con le altre società globali. Nonostante ciò, la selezione delle azioni è estremamente importante, con un focus sulle società a grande capitalizzazione con un’esposizione alle entrate internazionali e solidi bilanci uniti ad alti margini di profitto”.
A cura di JP Morgan PB