Assofinance incontra Federconsumatori. Obiettivo: tutelare il risparmio degli italiani

Esistono divieti comunitari agli scenari di probabilità? Rilevanza e correttezza degli scenari di probabilità La VERA storia del collocamento del convertendo BPM Assofinance, l`associazione nazionale dei consulenti finanziari, invita tutti a partecipare al convegno “Tutelare il Risparmio dei cittadini per consentire il risanamento del Paese” organizzato la mattina del 18 gennaio p.v. a Roma da Federconsumatori al Centro Convegni Carte Geografiche di Via Napoli 36.

Assofinance incontra Federconsumatori. Obiettivo: tutelare il risparmio degli italiani

Assofinance ha sostenuto in diverse occasioni (consultazioni di regolamenti nazionali e comunitari, convegni, forum e trasmissioni televisive) la tesi della trasparenza dei rischi attraverso le probabilità come strumento per eliminare le asimmetrie informative tra risparmiatori e sistema finanziario e ripristinare la fiducia dei risparmiatori nell’investire i propri risparmi nella finanza mobiliare.

È questo strumento di trasparenza che consentirebbe, tra l’altro, alla consulenza finanziaria indipendente di espletare a pieno il suo ruolo di verifica della qualità dell’offerta dei prodotti finanziari e quindi di tutela del risparmio nazionale.

Questa tesi oramai annovera importanti riscontri empirici ben conosciuti dall’Associazione: quello del “convertendo” della Banca Popolare di Milano e quello dei derivati della Regione Puglia e del Comune di Milano; casi in cui l’adozione degli scenari di probabilità è stata in grado di svelare l’effettiva rischiosità ed onerosità di queste operazioni finanziarie e tutelare concretamente i risparmiatori ed il denaro pubblico.

Il 21 dicembre scorso la Federconsumatori ha indetto una conferenza stampa per chiedere al Presidente della Consob, Giuseppe Vegas, di rendere obbligatorie le informazioni contenute negli scenari di probabilità da parte delle banche, delle SGR e delle imprese di assicurazione nella vendita dei prodotti finanziari ai risparmiatori e dove ha annunciato il convegno “Tutelare il Risparmio dei cittadini per consentire il risanamento del Paese” per il prossimo 18 gennaio a Roma.

Questa richiesta è determinata da un cambio di rotta della Consob voluto dal Presidente Vegas che ha dichiarato, da ultimo in una recente audizione alla Commissione VI della Camera dei Deputati, che reputa l’informativa probabilistica “contro la normativa comunitaria” e “fallace”. Il suo vicedirettore generale in una trasmissione televisiva ha anche aggiunto che ciò che conta per il cliente è se il prodotto “inserito nel suo portafoglio svolga un`utilità” e che “bisogna curare il servizio di consulenza che contrattualmente l`intermediario deve rendere al cliente”.

La Federconsumatori non è convinta di tali tesi e l’Avvocato Massimo Cerniglia, coordinatore legale nazionale della Federconsumatori, ci spiega il perché.


L’art. 23 del TUF esenta gli investimenti finanziari dalle norme del codice civile sulle scommesse prevedendo così un disciplina speciale ed una tutela particolare per il risparmio nazionale.

È, infatti, noto al legislatore che un investimento è una scommessa e che acquistare un prodotto finanziario significa pagare un prezzo per entrare in quella scommessa. Come tutte le scommesse si ha una probabilità di perdere, di vincere e di fare “pari” e, quando si perde e si vince, è anche importante sapere quanto si può perdere e vincere.

A questo si aggiunge che negli investimenti diversi dalle azioni e prodotti a questi assimilabili la teoria e la pratica dei mercati finanziari indicano che il prezzo si calcola come la media di una precisa distribuzione di probabilità; distribuzione di probabilità che qualifica quindi il rischio dell’investimento.

Prodotti assolutamente diversi possono avere lo stesso prezzo ma diversi rischi; senza comunicare le probabilità, questi rischi diventano ignoti e investire diviene quindi come effettuare una scommessa senza sapere quale sia il possibile contraltare.

E dato che per questi motivi la gestione del rischio dei prodotti finanziari viene svolta dagli intermediari finanziari attraverso analisi probabilistiche è quindi ragionevole che le stesse vengano portate in maniera comprensibile a disposizione degli investitori.

Fatta questa doverosa premessa ci sono ora tre punti da spiegare.


Il primo è se esistono o meno divieti comunitari agli scenari di probabilità?

Il secondo è se sono informazioni addirittura sbagliate come dice Vegas o di minore rilevanza rispetto ad altri aspetti come dice D’Agostino.

Il terzo è una doverosa e veritiera ricostruzione del caso del convertendo della Banca Popolare di Milano di cui la Federconsumatori, avendo promosso al Tribunale di Milano una class action e la conciliazione paritetica, conosce tutti i dettagli. Occorre questa ricostruzione perché dopo un fiume di stampa e anche di attività giudiziarie ed extragiudiziali, che hanno sempre correttamente ricostruito il caso come un successo dell’informativa probabilistica, da qualche settimana si assiste ad una maldestra ricostruzione giornalistica non aderente alla realtà dei fatti.


Esistono divieti comunitari agli scenari di probabilità?

Chiariamo subito il punto: non esistono divieti comunitari contro gli scenari di probabilità.

È però opportuno essere più precisi così da fugare una volta per tutte i dubbi generati da rappresentazioni fuorvianti della disciplina comunitaria in materia.

È importante innanzitutto premettere che nella materia della trasparenza dei rischi relativamente all’offerta ed alla distribuzione dei prodotti finanziari ci sono numerose direttive in vigore che prevedono una più o meno ampia invasività sugli ordinamenti nazionali e che peraltro in taluni casi presentano ambiti di sovrapposizione.

Per quanto riguarda i fondi comuni di investimento i riferimenti sono la direttiva UCITS IV 2009/65 ed il Regolamento comunitario 583/2010. La direttiva ha ridenominato il prospetto semplificato (Simplified Prospectus) in KIID e il prospetto completo (Full Prospectus) in prospetto (Prospectus).

Inoltre ha reso obbligatorio nell’Unione Europea lo schema e il contenuto del KIID in tutti i paesi membri. Dalla lettura della normativa si evince che il fine è quello di rendere omogenea, standard ed in poche pagine l’informativa chiave sull’investimento.

L’art. 1 comma 7 della direttiva UCITS IV prevede ampie possibilità di deroga a queste disposizioni purché non in conflitto con la normativa comunitaria.

La Consob, nonostante gli appelli di accademici esperti non solo della materia tecnico-finanziaria, ma anche di quella giuridica e delle associazioni dei consumatori, ha ritenuto di eliminare gli scenari di probabilità sia dal prospetto semplificato (ora KIID) sia dal prospetto completo (ora prospetto) in esecuzione quindi di un dettato comunitario che, come meglio argomenterò nel seguito, non esiste.

Infatti, la disciplina comunitaria del KIID prevede che questo documento si articoli in più sezioni con contenuti stabiliti dalla normativa.

In particolare, la sezione riferita ai rendimenti c.d. storici, cioè conseguiti dal fondo nel passato per i fondi strutturati, è sostituita dal c.d. scenario what-if. Non mi dilungo su cosa rappresentino; basti sapere che sono tre ipotesi scelte autonomamente dall’intermediario sul possibile andamento del fondo comune di investimento e senza alcuna informativa su quanto queste ipotesi siano probabili; potrebbe pertanto accadere che vengano scelti dall’intermediario tre scenari, che non rappresentano affatto circostanze “sensate”, per segnalare la rischiosità del fondo; o alternativamente che lo stesso fondo offerto da soggetti diversi abbia diversi scenari what-if, diventando quindi tale informativa arbitraria un elemento di marketing!

Ma questo aspetto sicuramente caro agli analisti finanziari non è l’aspetto più rilevante dell’analisi normativa della disciplina. Infatti, dal punto di vista giuridico vanno evidenziati tre aspetti: 1) la sezione del KIID denominata “obiettivi e politiche di investimento” (v. art. 7 del reg. 583), che certamente per contenuti è la sezione più prossima a quella delle informativa sulle probabilità di conseguire nel tempo rendimenti nulli, positivi o negativi ed in quale entità, si articola in un contenuto non esaustivo di elementi e soprattutto non prescrittivo nelle modalità espositive. 2) nessuno schema e/o contenuti sono previsti per il prospetto completo (ora prospetto). 3) la Consob prevedeva gli scenari di probabilità per una categoria di fondi assai più ampia degli strutturati, e cioè quella dei c.d. fondi a obiettivo di rendimento.

C’erano quindi numerose alternative seguibili dalla Consob nel recepire la normativa comunitaria. Si potevano lasciare gli scenari di probabilità nella sezione “obiettivi e politiche di investimento” o alternativamente lasciarli nel prospetto completo e nel KIID per i fondi a obiettivo di rendimento diversi dagli strutturati o ancora solo nel prospetto completo. E invece la soluzione adottata dalla Consob per motivi però non certo comunitari è stata quella di rimuovere l’informativa probabilistica da tutta la disciplina dei fondi comuni di investimento.

Una nota di colore è che scaricandosi dalla rete internet i KIID di fondi predisposti nei paesi membri il quadro di armonizzazione è desolante. La standardizzazione e l’omogeneità sono assenti e peraltro si trovano all’estero nella sezione “obiettivi e politiche di investimento” continui riferimenti ad indicatori di natura probabilistica.

Nel caso dei fondi comuni di investimento europei commercializzati in Italia la direttiva prevede poi in capo alle Autorità dei paesi ospitanti importanti poteri di intervento per la protezione degli investitori. Infatti, l’art. 108 stabilisce che, in presenza di ipotesi di violazione della disciplina, l’Autorità del paese ospitante segnala le stesse all’Autorità del paese di origine per l’adozione di tutte le misure del caso e, quindi, anche misure di carattere meramente informativo. Inoltre la norma prevede che nel caso in cui l’Autorità del paese ospitante valuti tali misure inadeguate può intervenire direttamente fino anche ad assumere un provvedimento di interruzione dell`offerta.

Insomma, se non le argomentazioni giuridiche, l’evidenza empirica dovrebbe portare la Consob ad un rapido ripensamento.

Per quanto riguarda le obbligazioni bancarie, societarie ed alcune tipologie di derivati il riferimento normativo sono la direttiva PROSPETTO 2003/71 ed il Regolamento 809/2004.

Anche in tale caso la direttiva tramite il regolamento ha definito degli schemi di prospetto cogenti per tutti i paesi dell’UE. In questo caso però l’atteggiamento del legislatore comunitario non è stato improntato alla sintesi ma ad una descrizione ampia e dettagliata di tutti i possibili aspetti che possono caratterizzare qualsiasi offerta. Sembra quasi che la prospettiva seguita sia non tanto quella di conseguire l’obiettivo di una informativa puntuale quanto piuttosto quella di fornire uno strumento di tutela all’emittente.

Questa normativa prevede comunque che la Consob possa chiedere, a qualsiasi emittente (italiano o comunitario) che richiede il nulla osta alla Consob per l’offerta in Italia dei prodotti finanziari rientranti in questa disciplina, di inserire ulteriori informazioni (art. 3 e 22 del reg.809)

Per le offerte che avvengono in Italia con prospetti passaportati (i.e. autorizzati da altra Autorità dell’UE) la normativa prevede che la Consob possa chiedere all’Autorità UE che ha rilasciato il nulla osta di far inserire altre informazioni (art 17 dir.71) e a supporto di queste richieste offre alla Consob poteri cautelari nel senso che la Consob può sospendere l’offerta laddove non sia soddisfatta di quanto inserito nel Prospetto (art. 23 dir.71).


Sono state queste le disposizioni che in passato hanno consentito alla Consob di far inserire gli scenari di probabilità nel caso del convertendo della Banca Popolare di Milano e in tantissimi altri casi sino all’insediamento del presidente Vegas.

Come si diceva vi sono poi direttive che si sovrappongono nella materia della trasparenza dei rischi a quelle sull’offerta di prodotti finanziari attraverso la disciplina della fase di distribuzione degli stessi tramite intermediari. Il riferimento è alla direttiva MIFID 2004/39 (c.d. 1° livello) ed alla direttiva MIFID 2006/73 (c.d. 2° livello).

La ratio della disciplina è che l’intermediario che vende i prodotti debba anche lui – oltre all’offerente  o come lo chiama il legislatore comunitario l’“artefice” del prodotto – provvedere ad informare l’investitore sui rischi.

I margini di manovra per le Autorità nazionali in questo caso in entrambe le direttive sono molto ampi. Prova ne è che gli scenari di probabilità sono ancora previsti nella comunicazione 9019104 del 2 marzo 2009 emanata proprio per disciplinare tra l’altro le misure di trasparenza per i prodotti illiquidi a valere su tali direttive ed il regolamento che l’Autorità di vigilanza portoghese, che come membro della UE è soggetta evidentemente alle stesse regole della Consob, proprio il mese scorso ha emanato un regolamento che li rende obbligatori per un’ampia classe di prodotti finanziari diversi dalla azioni.

Per quanto riguarda i prodotti finanziario-assicurativi di ramo III (le c.d. polizze unit e index linked) non vi sono disposizioni comunitarie che si occupino dell’aspetto della trasparenza dei rischi secondo modalità tali da interferire con le discipline nazionali; sinora in tale ambito la Consob ha, infatti, mantenuto l’obbligo dell’informativa probabilistica.


Rilevanza e correttezza degli scenari di probabilità

La critica sollevata dal Dott. D’Agostino circa la minor rilevanza degli scenari rispetto ad altri presidi a tutela dei risparmiatori riguarda alcune osservazioni, emerse su alcune testate nelle ultime settimane, in merito alla circostanza che gli scenari probabilistici hanno il limite di offrire una fotografia del profilo di rischio-rendimento del prodotto limitata al momento dell’emissione e non anche nel corso della sua vita.

In primo luogo, si ritiene fondamentale precisare che gli scenari forniscono ai potenziali investitori un’informativa sul rischio del prodotto determinata considerando la sua struttura e le condizioni di mercato rilevabili al momento dell’offerta, momento che coincide con quello in cui l’investitore è chiamato a prendere la propria decisione di investimento. È proprio questa coincidenza temporale a rendere fondamentale l’informativa trasmessa dagli scenari di probabilità. In più, va considerato che se gli scenari indicano un’elevata rischiosità del prodotto all’emissione (ad esempio perché segnalano elevate probabilità di perdite consistenti), si tratta di un caveat molto forte che l’investitore non può ignorare e che difficilmente sarà controvertito nel tempo. Detto in altri termini, se un prodotto è di scarsa qualità al momento dell’emissione è arduo che possa diventare una valida soluzione d’investimento nel corso della sua vita.

Aggiungiamo che pretendere (come vorrebbero alcuni detrattori) che un’informativa veicolata agli investitori in un dato momento storico abbia anche una valenza “dinamica”, riferita cioè a come si evolverà la rischiosità del prodotto durante la sua vita, non è un limite degli scenari di probabilità ma un “non senso” logico in quanto, come ben sappiamo, l’essere umano non ha la capacità di prevedere il futuro.

Quello che si potrebbe fare (e sarebbe infatti opportuno se non anche ottimale) è informare gli investitori laddove la rischiosità del prodotto dovesse modificarsi sostanzialmente durante la sua vita. In tale prospettiva l’ideale sarebbe utilizzare, a tale fine, lo stesso indicatore fornito alla data di emissione del prodotto, ossia gli scenari di probabilità, opportunamente aggiornato. Cosa che attualmente, purtroppo, stando alla nostra esperienza non rientra nel pacchetto standard dei servizi di consulenza prestati dalle banche ai loro clienti. Questo servizio si limita infatti a semplici comunicazioni sull’andamento del valore del titolo e, al più, all’indicazione su eventuali ampliamenti della gamma dei prodotti offerti. La stessa Consob ha dichiarato in qualche relazione annuale che lo stato dell’arte del servizio di consulenza è assai carente nel fornire al clienti un supporto continuativo che abbia effettivo valore aggiunto per loro. Carenze che, com’è evidente, sono connaturate al servizio di consulenza (non indipendente) per come è attualmente concepito. Infatti, non si può credere veramente che una banca possa prestare ai clienti una consulenza imparziale sulla vendita dei propri prodotti. Sarebbe come chiedere all’oste se il suo vino è buono. Perciò ci stupisce la rilevanza che la Consob, stando alle dichiarazioni del suo vice-direttore generale, continua ad attribuirgli. L’unico effetto di insistere sulla consulenza non sarà una migliore o maggiore tutela dei risparmiatori, ma purtroppo solo la conservazione di un’ulteriore indebita fonte di reddito per le banche tramite le commissioni applicate alla clientela.

Sulla questione della correttezza delle informazioni contenute negli scenari di probabilità valutiamo più che sufficiente ricordare che in occasione della consultazione sulla Direttiva Prips circa 60 accademici di fama internazionale, specializzati nelle materie della finanza, dell’economia e del diritto, hanno chiesto in coro alla Commissione Europea di farli diventare lo standard di trasparenza a livello comunitario, dopo averne illustrato in dettaglio la validità ed oggettività scientifica e l’utilità in termini informativi per gli investitori.

Ricostruzione della vicenda del convertendo della Banca Popolare di Milano

Il prodotto è stato offerto in due tranches: nella prima, riservata agli azionisti, il prospetto di oltre 150 pagine non riportava gli scenari di probabilità, ma una rappresentazione di tipo what-if in cui la Banca si limitava a descrivere il possibile valore del titolo in presenza di alcuni andamenti del titolo BPM scelti a discrezione dalla banca medesima. Sui limiti di questo approccio non si ritiene utile dilungarsi oltre.

Nella seconda tranche, aperta invece al pubblico, la Consob ha previsto gli scenari probabilistici ovviamente elaborati dalla Banca ed anche una scheda di due pagine da utilizzare nella vendita del prodotto a cura della banca che riportava, in bella evidenza, gli scenari di probabilità.

Ma veniamo ora ai dati sul collocamento che abbiamo approfondito nel corso della nostra attività extragiudiziale.

Con la prima tranche, che ha avuto una finestra di collocamento molto breve (appena 20 giorni), sono stati sottoscritti quasi 220 milioni; il ritmo è stato dunque di circa 10 milioni di euro al giorno.

Di contro, nella seconda tranche, nonostante la finestra di collocamento assai più lunga (quasi quattro mesi), il volume sottoscritto agli investitori retail è stato di 170 milioni. Questo significa che, nella tranche dove i rischi del prodotto hanno trovato compiuta e chiara rappresentazione tramite gli scenari di probabilità (che segnalavano agli investitori una probabilità di perdita prossima al 70%), il ritmo di vendita giornaliero è sceso a poco più di 2 milioni.

Sempre sulla seconda tranche è interessante però un ulteriore spaccato delle informazioni mensili e osservare l’andamento temporale delle sottoscrizioni; infatti nei primi tre mesi d’offerta il collocato non ha mai superato i 30-35 milioni di euro per mese (circa 1,5 milioni al giorno), mentre nell’ultimo mese (che peraltro è dicembre 2009) si è registrato un picco di quasi 80 milioni (circa 5 milioni al giorno).

Ricordando che a fine novembre 2009 la Consob ha assunto un provvedimento ingiuntivo nei confronti di BPM, è evidente che nell’ultimo mese dell’offerta la “debolezza” del provvedimento, come si spiegherà meglio nel seguito, ha messo paradossalmente la banca nelle condizioni ideali per spingere ancora di più sul collocamento ridimensionando purtroppo il ruolo degli scenari come strumento essenziale di tutela degli investitori (anche perché risulta alla Federconsumatori che, per perseguire gli obiettivi di vendita, le informazioni sugli scenari sono state spesso opportunamente tralasciate agli investitori).

Per capire le dinamiche anomale dell’ultimo mese va detto che con quel provvedimento (la cui assunzione è stata resa peraltro possibile proprio per la dichiarata rischiosità del prodotto, come si legge tra le righe) la Consob si è limitata a richiamare la BPM per non aver seguito corrette procedure di vendita, ma non ha ritenuto necessario per la protezione degli investitori esercitare i poteri di sospensione o addirittura interruzione dell’offerta che pure sono previsti dall’art. 99 del TUF. In questo modo la BPM ha capito che la Consob non avrebbe fatto più che un banale richiamo seguito da qualche sanzione pecuniaria, che non avrebbe certo compensato le utilità finanziarie dell’operazione. La BPM ha quindi proseguito il collocamento secondo i ben noti schemi di scarsa correttezza comportamentale. Il risultato è stato che si è purtroppo ridimensionato l’effetto di tutela della trasparenza e le vendite sono aumentate in misura notevole.

In sintesi, gli scenari hanno tutelato gli investitori che ne hanno potuto prendere visione tenendoli alla larga dall’investimento fino alla data del provvedimento ingiuntivo e hanno reso possibile il provvedimento stesso; chi invece, nell’ultimo mese dopo il provvedimento Consob, è stato sollecitato all’acquisto dalla Banca non ha ricevuto questa informativa e si è ritrovato con un prodotto che poi ha avuto l’infelice parabola che conosciamo. E questa non è un’ipotesi di lavoro in quanto ha il riscontro empirico dei centinaia di risparmiatori che si sono rivolti alla Federconsumatori.

La Federconsumatori, che si ribadisce ha patrocinato molti di questi sfortunati investitori, ha ben chiaro che solo con le informazioni probabilistiche i rischi di un prodotto sono messi a nudo. E non è affatto vero che, fornita questa informativa, gli investitori non la sanno leggere o interpretare come hanno mostrato un sondaggio della Commissione Europea di qualche tempo fa e più di recente un sondaggio nazionale del Corriere della Sera. A questo si aggiunge che è proprio attraverso questo strumento che abbiamo individuato le migliori proposte di conciliazione formulate dalla BPM per assistere al meglio chi ci ha chiesto aiuto, come dovrebbe fare anche la Consob rivalorizzando, a garanza dei risparmiatori, gli scenari di probabilità.

Ingenera poi solo confusione confrontare le sanzioni irrogate dalla Consob a tutti i soggetti vigilati in un anno di attività con la valenza preventiva di tutela del risparmio che la trasparenza dei rischi tramite l’informativa probabilistica è in grado di determinare. Il risparmio di questo paese è, infatti, diverse volte il prodotto interno lordo.

E comunque per completezza di informazioni si precisa che, delle sanzioni complessive inflitte dalla Consob e pari a oltre nove milioni di euro, poco meno di un milione e mezzo di euro riguardano questioni di correttezza comportamentale degli intermediari. Poi sarebbe da chiedersi retoricamente se le sanzioni siano in grado di restituire ai risparmiatori cosa hanno perso per via dell’investimento in un prodotto tossico. Al contrario la trasparenza dei rischi attraverso le probabilità avvia una competizione verso l’alto degli intermediari, stimola i consulenti indipendenti a verificare la qualità dei prodotti e tiene alla larga gli investitori dai prodotti “avariati”, così come al supermercato un consumatore non compra i prodotti la cui data di scadenza ben impressa sulla confezione indica che scadono il giorno dopo; anche perché una volta scaduto è difficile che il prodotto ridiventi commestibile.

Dalla trasparenza dei rischi riparte quindi la possibilità di ripristinare la fiducia dei risparmiatori nell’investire i propri risparmi nella finanza mobiliare.

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