Anche la BRI teme l’acuirsi della crisi

Scritto per Ifanews da Mario Lettieri, Sottosegretario all’Economia del governo Prodi e Paolo Raimondi, Economista

Anche la BRI teme l’acuirsi della crisi

“Sono ormai trascorsi cinque anni dallo scoppio della crisi finanziaria, eppure l’economia mondiale resta sbilanciata, forse più di prima, dal momento che le vulnerabilità ancora presenti interagiscono fra loro, amplificandosi”, inizia con queste chiare e dure parole l’analisi contenuta nel Rapporto annuale della Banca dei Regolanti Internazionali, la banca delle banche centrali, recentemente pubblicato.

Le vulnerabilità non sono altro che le crescenti operazioni finanziarie e speculative delle banche, il persistere del “sistema bancario ombra”, “le enormi posizioni in derivati”, gli elevati debiti pubblici e le molte altre distorsioni del “business as usual”.

Ad aggravare i meccanismi di crisi, non solo europea, sono le drammatiche prospettive dei conti pubblici. A partire dal 2007, sottolinea la Bri, il debito pubblico nelle economie avanzate in media è cresciuto dal 75% al 110% del Pil. I disavanzi delle amministrazioni pubbliche si sono mediamente dilatati passando dal 1,5% al 6,5% del Pil.

Molto preoccupante è la situazione delle banche centrali. In questo periodo esse hanno aumentato gli acquisti di titoli pubblici e contemporaneamente concesso liquidità al sistema bancario. Le loro attività ammontano a oltre 18 trilioni di dollari, pari a circa il 30% del Pil mondiale, il doppio rispetto a 10 anni fa!

In Europa i recenti interventi della Banca Centrale Europea per oltre 1 trilione di euro hanno “artificialmente” permesso di frenare il congelamento dei mercati della provvista bancaria e sostenuto quelli dei titoli di Stato di alcuni paesi dell’area dell’euro. Al contempo però, mentre il bilancio consolidato dell’Eurosistema aumentava di circa 500 miliardi, l’economia reale e i redditi delle famiglie e delle imprese non hanno tratto alcun beneficio.

Ciò dovrebbe indurre i paladini di una Bce con “le rotative sempre all’opera”, come da tempo sollecita la Fed americana, a frenare i loro entusiasmi. La Bri riconosce che “gli eventuali effetti positivi dell’azione delle banche centrali si stanno riducendo, mentre potrebbero aumentare quelli negativi”. I tassi prossimi allo zero unitamente all’offerta abbondante e pressoché incondizionata di liquidità, indeboliscono le politiche di risanamento, a cominciare da quelle delle banche private.

In realtà queste politiche stanno spingendo le banche ad assumere  rischi maggiori con una leva finanziaria altissima per operazioni finanziarie spericolate dalle quali esse attingono la gran parte dei loro profitti.

Le forti perdite per operazioni in derivati di alcune banche, come quelle accertate della JP Morgan, sono e dovrebbero essere un forte “monito del pericolo”. Infatti, “anche quelle banche che appaiono ben capitalizzate in realtà - sostiene il Rapporto - presentano enormi posizioni in derivati”. Inoltre, il sistema bancario continua con i suoi comportamenti rischiosi, come con la “rehypotication”, che è lo stanziamento di una stessa somma, di una stessa attività, a garanzia di più obbligazioni, anche quelle di Stato.

A nostro avviso sembrano profilarsi rischi maggiori per le stesse banche centrali. Esse espandono i loro bilanci per sostenere debitori e banche, anche quelle in crisi di insolvenza, che continuano così a mantenere tra gli attivi dei loro bilanci titoli tossici e altri titoli virtuali senza valore alcuno.

Gli analisti della Bri riconoscono che le attuali scelte delle banche centrali inevitabilmente porteranno all’instabilità dei prezzi e all’inflazione galoppante.

Al termine di una analisi veritiera e anche tranchant, la Bri purtroppo si arena nella palude di vaghe riforme e di mere sollecitazioni agli attori finanziari affinché cambino i comportamenti.

In pratica siamo anche in questo caso ancora agli auspici. Inadempienti sono i governi. Soltanto essi hanno l’autorità e il potere di cambiare le regole, di “spezzare i circoli viziosi” indicati dalla Bri e di iniziare un percorso virtuoso di riforma del sistema.

Se i governi, nel loro insieme, al di là dell’enfasi maggiore o minore per le scelte di livello nazionale, non sapranno trovare la necessaria coesione a livello internazionale per rivedere davvero l’attuale architettura finanziaria, monetaria e economica, che tenga conto della nuova realtà multipolare, i signori della speculazione continueranno a distruggere economie, paesi e continenti. Con buona pace delle banche centrali e dei governi, qualunque siano le loro ideologie.

Pensare che possa essere il mercato o la buona volontà dei banchieri a mettere le cose a posto, è puro suicidio, oltre che una pura illusione.

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