Lo scorso 24 Marzo 2014 nell’editoriale “Perchè l’Abenomics non può fallire” analizzavamo le politiche fiscali e monetarie messe in atto dal primo ministro Shinzo Abe e dal banchiere centrale Kuroda.
A cura del team Asset Allocation di MoneyFarm.com
La domanda che tutti si ponevano era se queste politiche sarebbero riuscite a far uscire l’economia Giapponese dalla lunga fase di deflazione e crescita anemica degli ultimi due decenni.Si può osservare che l’impatto dello stimolo monetario sull’inflazione core (esclusi i prezzi delle materie prime) c’è stato.Da un punto di vista della crescita economica, dopo un primo periodo di incertezza sull’impatto effettivo di queste politiche sull’economia giapponese, stanno finalmente arrivando i primi segnali positivi.L’incertezza era stata causata in parte dal rialzo dell’IVA nell’aprile 2014: i consumatori avevano aumentato i consumi prima del rialzo e gli avevano poi ridotti. Questo aveva comportato una crescita del PIL fuori misura nel primo trimestre 2014 e causato tuttavia un marcato calo nei trimestri successivi, creando quindi incertezza su quale fosse il vero impatto delle politiche fiscali e monetarie sull’economia.Malgrado quest’incertezza sulla crescita del PIL, una cosa è stata chiara sin da subito: la politica monetaria estremamente espansiva della BoJ ha causato un forte deprezzamento dello Yen contro le principali valute mondiali, favorendo quindi le esportazioni giapponesi. Anche se il risultato sull’economia era ed è tuttora incerto, l’interpretazione dei mercati è finora stata univoca, come dimostrato dal forte rally degli indici azionari nipponici. Il NIKKEI è tornato sopra quota 20000, quota che era rimasta insuperata dagli anni 2000.Dopo questo periodo d’incertezza e distorsioni, i primi risultati positivi sembrano finalmente vedersi anche nei dati macroeconomici. In particolare, il PIL giapponese è cresciuto dell’1% nel primo trimestre del 2015 (trimestre su trimestre) e la bilancia commerciale è in forte avanzo per via della valuta debole.Tra gli altri elementi rilevanti c’è la rinnovata composizione del fondo pensione nazionale, il fondo pensione di maggiori dimensioni al mondo in termini di masse gestite. Tradizionalmente il fondo pensione aveva un’asset allocation prevalentemente composta da obbligazioni governative domestiche. La composizione del fondo sta gradualmente riducendo l’esposizione a obbligazioni domestiche dallo storico 60% al 35%, a favore in particolare di azioni sia domestiche che estere. L’impatto di questo cambiamento è amplificato dal fatto che gli altri fondi pensione giapponesi seguono da vicino l’asset allocation del fondo nazionale.Questa misura è rilevante nel contesto giapponese caratterizzato da una popolazione in continuo invecchiamento. La dinamica demografica giapponese si traduce in benefici pensionistici da erogare superiori all’ammontare delle contribuzioni. Questo implica che il fondo non possa sostenere un’asset allocation caratterizzata da bassi rischi ma anche bassi rendimenti. Il cambiamento di asset allocation dall’obbligazionario a favore dell’azionario si è rivelato finora molto opportuno in quanto l’impatto negativo sul mercato obbligazionario è stato compensato dagli acquisti di titoli di stato da parte della BoJ.Uno degli obiettivi principali delle politiche messe in atto dal governo giapponese è quello di cambiare la cultura aziendale delle società giapponesi e il comportamento dei consumatori tramite aspettative di maggior inflazione e crescita economica. A settembre 2014 le società giapponesi quotate avevano a bilancio utili non distribuiti per un ammontare totale equivalente a 770 miliardi di dollari americani. Il governo vede le aziende come un mezzo per trasformare il Giappone e intende favorire una maggior profittabilità delle aziende e il maggior reimpiego degli utili sotto forma di maggiori salari, reinvestimenti e distribuzioni agli azionisti. Inoltre, maggiori rendimenti, migliorano la performance dei fondi pensione, aumentano gli introiti fiscali e i flussi di capitale dagli investitori internazionali.Da questo punto di vista, è interessante notare come malgrado la forte crescita del valore delle azioni, il rapporto tra dividendo e prezzo (dividend yield) non sia cambiato, ovvero i dividendi pagati dalle società giapponesi sono aumentati di pari passo con il valore delle azioni. Oltre ai dividendi sono aumentati significativamente i riacquisti di azioni da parte delle aziende giapponesi.È comunque ancora troppo presto per determinare se l’Abenomics è un successo. Nondimeno, gli ultimi dati ci portano a pensare che almeno non sia stato un disastro come alcuni temevano. Sicuramente, dopo decenni anni di crescita e inflazione zero, qualcosa sta finalmente cambiando nel paese Paese del Sol Levante.
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