AAA cercasi martire contro la stretta del credito

Nel periodo intercorrente tra il Capodanno Cinese del 2010 e quello del 2011, concluso da poche settimane, secondo alcune stime la crisi del credito che ha colpito il distretto di Wenzhou ( la città del sud della Cina, celebre per l’innato spirito imprenditoriale ) ha provocato la fuga o il suicidio di circa 400 imprenditori, causando una catena di fallimenti e privando di salari circa 25 mila lavoratori per un totale di circa 106 milioni di yuan (circa 12 milioni di euro).

AAA cercasi martire contro la stretta del credito

Per capire la gravità del fenomeno basti pensare che i lavoratori che si trovarono senza stipendio a causa delle fughe degli imprenditori durante la crisi del 2008 furono tra i 5mila e i 6mila, (fonte Asianews e AgiChina24). “Le ragioni della crisi di Wenzhou sono tanto interne che esterne. Al centro di tutto c’è il cosiddetto sistema del “credito ombra”, un circuito creditizio parallelo affidato a società simili alle trust companies –sia registrate che clandestine-, che offrono prestiti istantanei con tassi d’interesse che possono anche superare il 100%annuo, più di quindici volte rispetto ai tassi applicati normalmente. Le trust compagnie ottengono il liquido tanto da individui che da aziende: per capire la pervasività del fenomeno basti pensare che una stima della sede locale della Banca centrale mostra che nel sistema- tanto come debitori che come creditori- è coinvolto il 90% delle famiglie e il 65% delle imprese di Wenzhou, una città che con l’hinterland raggiunge i 10 milioni di abitanti.

Questi prestiti servivano a coprire buchi di liquidità temporanei, ad esempio pagare fornitori, e venivano ripagati nell’arco di qualche settimana o di qualche mese a tassi ovviamente inferiori rispetto a quelli applicati annualmente.  
Ma nell’ultimo periodo qualcosa è cambiato, in seguito alle strette imposte dal governo centrale alle banche e a causa del rallentamento dell’economia globale. Le imprese di Wenzhou, che non potevano più rivolgersi al sistema bancario tradizionale a causa delle restrizioni al credito volute dal governo centrale, si sono affidate completamente al “credito ombra”, e la riduzione delle ordinazioni dall’estero ha fatto il resto: l’impossibilità di ripagare i debiti ha portato alla bancarotta alcuni operatori del settore immobiliare e ha innescato una catena di fallimenti che hanno portato un certo numero d’imprenditori a sparire dalla circolazione.” (tratto da un articolo di Antonio Talia per AgiChina24.it)

Ma dato che le piccole e medie imprese giocano un ruolo insostituibile nel promuovere la crescita economica e l’occupazione,  il governo deve aumentare gli incentivi e ridurre le barriere in modo da permettere a tutti i tipi di istituzioni finanziarie di fornire migliori servizi creditizi alle piccole e medie società. Le istituzioni finanziarie devono aumentare il livello di tolleranza dei crediti non esigibili da parte delle piccole e medie imprese. Alle parole del premier cinese Wen Jabao, sono seguiti subito i fatti  e la Banca centrale cinese ha infatti annunciato che dal 24 febbraio le riserve bancarie obbligatorie scendono di mezzo punto percentuale. Ciò significa che le banche cinesi posssono accantonare meno liquidità per vincoli di bilancio destinandola invece ai prestiti. Una misura difatti paragonabile a un taglio del costo del denaro, altra arma di espansione monetaria a disposizione delle banche centrali, a cui Pechino preferisce però quella sulla leva delle riserve bancarie.

E in Italia?
Il  Governatore della BdI, dott. Visco, all’ultima riunione del Forex in quel di Parma, ha ufficializzato quello che si sapeva già: ovvero una fortissima restrizione del credito bancario che solo nel mese di dicembre 2011 risulta pari a circa 20 mld di euro nonostante il sistema bancario italiano abbia beneficiato dalla BCE di una linea di finanziamento (LTRO) di 116 mld di euro (circa 60 mld al netto dei rinnovi) della durata di 3 anni al tasso fisso dell’1,00%.
Ma si sà, i nostri bancheri non eccellono per qualità e competenze, e difatti hanno preferito riacquistare parte delle loro obbligazioni e BtP, invece di tornare a far per bene la loro missione istituzionale: una sana ed efficiente attività di analisi del merito creditizio per l’attività imprenditoriale meritoria di sostegno e sviluppo. Presidio e crescita del territorio di competenza, perché “ogni business o cresce o muore”.
Evidentemente, l’allarme sociale derivante dall’escalation degli imprenditori suicidi a causa delle difficoltà economiche (crollo del fatturato, sottocapitalizzazione, ritardo pagamento clienti, credit crunch, vessazioni nella riscossione dei tributi, etcc..) nel nostro paese non è ancora ad un livello preoccupante.
Forse i circa 200 casi (per lo più concentrati nella regione Veneto) registrati negli ultimi 24 mesi, sono ancora “statisticamente e drammaticamente” pochi.  
Che fare, dunque?
Professare l’esercizio del martirio come estrema forma di resistenza e di orgoglio, alla stregua dei monaci Tibetani? Quale numero si deve raggiungere: 500, 1000, 5000 suicidi affinchè il governo, le istituzioni tutte, il circuito bancario, le associazioni imprenditoriali, aprano finalmente gli occhi ed alle tante belle parole, facciano seguire fatti concreti? Non bastano i rinnovi alle moratorie sui prestiti, quando il primo cliente del sistema è in arretrato nei pagamenti nei confronti dei propri fornitori per circa 100 mld di euro.

Autore: Antonio Mazzone

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