A CHI GIOVA IL SISTEMA CASSE DI PREVIDENZA?
Trento, 4 aprile 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.
È una domanda, non retorica, che tutti i professionisti oggi dovrebbero porsi.
«Alla fine del 1993 il Parlamento ha delegato (art. 1, comma 32°, legge n. 537/1993) il Governo a provvedere al “riordino” anche degli Enti di previdenza ed assistenza.
Il Governo ha dato esecuzione alla delega ricevuta con il d.lgs. n. 509/1994, intervenendo nei confronti di sedici enti pubblici gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza.
La “privatizzazione” indotta dal sopra menzionato d.lgs. è apparsa subito più formale che sostanziale.
Rispetto agli enti privati mancano la “consensualità” del rapporto, poiché l’iscrizione è obbligatoria e agli iscritti non è consentito recedere; la piena autonomia, poiché lo statuto e il regolamento incontrano nella legge numerosi limiti, oltre ad essere soggetti all’approvazione ministeriale e la libertà di azione, in quanto gli enti sono sottoposti a controlli ancora più rigidi di quelli previsti dal codice per le persone giuridiche private». (Fonte: Antonio Saporito, Le Casse previdenziali tra vecchi problemi e nuove discipline in P.A. PERSONA E AMMINISTRAZIONE Ricerche Giuridiche sull’Amministrazione e l’Economia, pag. 723 e seguenti).
«La Cassa ricorrente e le altre consimili organizzazioni che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e assistenza, anche a seguito del riordino previsto dalla legge delega n. 537/1993 e della trasformazione in persone giuridiche private (nella forma dell’associazione o della fondazione),“continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali […] a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituite, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione” (art. 1, co. 3, d.lgs. n. 509/1994).
Esse, inoltre, “hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei princìpi stabiliti dallo stesso articolo 2 nei limiti fissati dalle disposizioni del […] decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta” (art. 2, co. 1, d.lgs. cit.).
La trasformazione in commento non ne ha pregiudicato la funzione pubblica, atteso che, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 248 del 18 luglio 1997, la stessa ha lasciato “immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi: l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale”.
In ragione di queste peculiarità, l’attività della Cassa ricorrente – soggetto presente nell’“elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato” individuate dall’Istat ex art. 1 della legge n. 196/2009 ai fini del concorso “al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione europea” e con condivisione delle “conseguenti responsabilità” è sottoposta, oltreché ai controlli del collegio dei sindaci, alla vigilanza ministeriale e ai controlli della Corte dei conti.
Nello specifico, l’art. 3 d.lgs. n. 509/1994 riconosce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di vigilare sul rispetto dei limiti imposti dalla natura pubblica dell’attività svolta dalla Cassa in questione, vigilanza che si espleta, tra l’altro, attraverso:- la l’approvazione degli statuti e dei regolamenti nonché delle “delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti” (art. 3, co. 2);- formulazione di “motivati rilievi” sui bilanci preventivi e sui conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come indicati in ogni bilancio preventivo e sulle “delibere contenenti criteri direttivi generali”; la norma prevede, ancora, che “nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con i Ministeri di cui al comma 1, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva.
I suddetti rilievi devono essere formulati per i bilanci consuntivi entro sessanta giorni dalla data di ricezione e entro trenta giorni dalla data di ricezione, per tutti gli altri atti di cui al presente comma.
Trascorsi detti termini ogni atto relativo diventa esecutivo” (art. 3, co. 3).In sintesi, e per quanto più specificamente concerne l’oggetto del ricorso, in relazione ad atti di particolare rilievo tuttavia non riguardanti aspetti fondamentali della struttura e del funzionamento dell’ente (statuti, regolamenti, “delibere in materia di contributi e prestazioni”), non è prevista un’approvazione da parte dei Ministeri vigilanti, i quali possono però formulare osservazioni critiche (“motivati rilievi”)». (Fonte: Tar Lazio n. 6457 del 3 aprile 2024).
Il patrimonio accumulato dalle Casse di previdenza, oggi più di 100 miliardi di euro, giova all’industria finanziaria, che lo gestisce attraverso le sue articolazioni, alla politica, che sollecita le Casse ad investire in via prioritaria nell’economia reale del Paese nei comparti energia, infrastrutture, rigenerazione urbana e rifunzionalizzazione edilizia, ai vari management per i compensi che ricevono oltre alle “poltronesofà”.
Sugli iscritti, invece, cioè su coloro che per legge sono obbligati a conferire la provvista (contributi), viene scaricato il rischio dei mercati finanziari con la volatilità delle pensioni.
La legge sulla competitività dei capitali, infatti, ha esteso alle Casse di previdenza l’attributo di controparti qualificate ai fini della prestazione dei servizi di investimento.
La legge n. 21/2024, in vigore dal 27.03.2024, guarda infatti al capitale paziente delle Casse ai fini di sostenere l’economia reale del sistema Italia.
Tutto bene ma quali garanzie vengono date per la pensione dei professionisti?
Nessuna garanzia.
Investite e poi si vedrà.
«La Costituzione stabilisce all’articolo 38 che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” e che "ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”.
Secondo il dettato costituzionale, quindi, i lavoratori hanno diritto alla previdenza, ma non è lo Stato a dover “provvedere”; la norma costituzionale, infatti, utilizza due verbi diversi per indicare il ruolo dello Stato: “predisporre” o “integrare” l’attività di previdenza.
In merito al rispetto di tali Enti del d.lgs. n. 50/2016 (d’ora in poi “Codice dei Contratti pubblici” o “Codice”) occorre analizzare se tali Enti siano o meno configurabili come organismi di diritto pubblico. Le Casse professionali soddisfano certamente i primi due requisiti (hanno la personalità giuridica, e svolgono una missione istituzionale di interesse pubblico), la dottrina s’interroga se soddisfano quello che consiste nella c.d. influenza pubblica dominante.
È infatti consolidata nella giurisprudenza della Corte di Giustizia la conclusione che, per essere definibile come tale, l’organismo di diritto pubblico deve essere “dipendente strettamente dallo Stato, da enti pubblici, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
In dottrina si sostiene che l’obbligatorietà dei contributi fissata per legge non può del resto essere considerata una forma di finanziamento pubblico. Nell’escludere espressamente la natura di organismo di diritto pubblico in capo agli ordini professionali, la Corte di Giustizia UE ha preso in esame proprio la questione della imposizione dell’obbligo contributivo a carico degli iscritti.
Secondo la Corte, un ordine professionale con personalità giuridica di diritto pubblico non soddisfa il requisito del finanziamento maggioritario da parte dell’autorità pubblica, quando è invece finanziato dai contributi degli iscritti, anche se il potere impositivo è fissato dalla legge, giacché la legge non stabilisce “la portata e le forme delle attività che tale organismo deve svolgere nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni istituzionali”; e non soddisfa neanche il requisito del controllo di gestione “per il solo fatto che la decisione con cui lo stesso organismo fissa l’importo dei suddetti contributi deve essere approvata da un’autorità di controllo”.
La Corte di Giustizia ha escluso la “dominanza pubblica” proprio perché la legge tedesca, nel caso di specie, non consente allo Stato di influenzare lo svolgimento delle funzioni dell’ente, anche se fissa il potere impositivo.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32608/2019 hanno escluso la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti nel caso di pregiudizio arrecato al bilancio di un ente trasformato in fondazione di diritto privato, sul presupposto che quest’ultimo non possa essere configurato come una vera e propria “amministrazione pubblica”; in un’altra ordinanza, la n. 7645/2020, invece, la suddetta giurisdizione viene radicata sull’assunto che il medesimo ente, pur conservando una veste privatistica, debba essere qualificato come organismo di diritto pubblico e dunque ricompreso tra le pubbliche amministrazioni. Le Casse previdenziali svolgono di fatto la funzione pubblicistica espressamente prevista dall’art. 38 della Costituzione, consistente nello svolgimento dell’attività di previdenza e assistenza a favore dei liberi professionisti.
Quanto al requisito dell’influenza dominante, le Casse non sono finanziate in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, né i propri organi sono costituiti da membri designati per più della metà dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. Tuttavia, dalla lettura degli artt. 2 e 3 del d.lgs. 509/94 (applicabili, in generale, a tutte le Casse previdenziali), si evince che il controllo esercitato dallo Stato è particolarmente incisivo.
Tali articoli, invero, evidenziano numerosi ed incisivi momenti di ingerenza e intervento nell’attività gestionale, organizzativa e contabile dell’Ente previdenziale privatizzato: si veda, ad esempio, la previsione della nomina – ad opera del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministro del Tesoro e gli altri Ministri competenti – di un commissario straordinario con il compito di salvaguardare la corretta gestione dell’ente, nel caso in cui gli organi di amministrazione e di rappresentanza si rendano responsabili di gravi violazioni di legge afferenti alla corretta gestione dell’associazione o della fondazione.
Si veda, altresì, la previsione del potere di vigilanza affidato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e agli altri Ministeri di cui all’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 509/94. Nell’esercizio della vigilanza, in particolar modo, i suddetti Ministeri approvano lo statuto e i regolamenti delle Casse previdenziali nonché le delibere in materia di contributi e prestazioni. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, d’intesa con i Ministeri di cui al comma 1, può formulare motivati rilievi sui bilanci preventivi e i conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti e sulle delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel collegio dei sindaci delle Casse previdenziali deve essere assicurata la presenza di rappresentanti delle predette Amministrazioni. Inoltre, è appena il caso di rammentare, che anche l’Allegato IV del Codice dei contratti pubblici (rubricato “Elenco degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico nei settori ordinari”) qualifica espressamente come organismi di diritto pubblico gli enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza, come la Casse qui analizzate. Anche il Consiglio di Stato ha preso in passato posizione sul punto. In particolare, con sentenza n. 6014/2012, il Supremo Consesso amministrativo ha ritenuto che la privatizzazione degli enti previdenziali operata dal d.lgs. n. 509/1994, ha riguardato il solo regime della personalità giuridica, lasciando invece ferma l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione.
Oltre a ciò, è rimasta ferma la natura di pubblico servizio dell’attività svolta, il Consiglio di Stato, invero, ha rilevato che “il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione, garantiti agli Enti previdenziali privatizzati dall’art. 1 comma 3 del predetto decreto legislativo, valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali”.
Da ultimo, con la più volte menzionata ordinanza n. 7645/2020, le SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione hanno definitivamente chiarito gli aspetti pubblicistici degli enti previdenziali, precisando per l’Ente in questione, che “Viene altresì in evidenza la disposizione (l’allegato IV del codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. 50/2016) che qualifica la Fondazione Enpam come organismo di diritto pubblico. E sebbene la detta qualificazione sia destinata a rilevare sul piano della disciplina di derivazione comunitaria in materia di aggiudicazione degli appalti ad evidenza pubblica e a garantire la massima concorrenza tra operatori economici … non v’è dubbio che l’applicazione delle regole in materia di contratti pubblici è altresì funzionale ad una maggiore attenzione alla gestione delle “risorse pubbliche”, consentendo all’ente aggiudicatore di individuare il miglior operatore economico, in una logica anche di trasparenza e di spesa più efficiente». (Fonte: Antonio Saporito, Le Casse previdenziali tra vecchi problemi e nuove discipline in P.A. PERSONA E AMMINISTRAZIONE Ricerche Giuridiche sull’Amministrazione e l’Economia).
Poiché, come ho scritto più volte, tra 15 – 20 anni le pensioni dei professionisti dipenderanno, più che dai contributi, dal rendimento del patrimonio investito sui mercati finanziari, mi pare evidente come sia necessario un intervento dello Stato al fine di garantire il diritto alla pensione di cui all’art. 38 della nostra Carta Costituzionale, che non può essere abbandonato alla volatilità dei mercati finanziari.