2025 come il 2018? Segnali di Déjà Vu

Milano, 18 marzo 2025. A cura del Team di Gestione Pharus
Negli ultimi giorni, i mercati finanziari si sono caratterizzati per un clima di crescente incertezza, ed un sentiment in netto deterioramento. Le tensioni geopolitiche e i timori sulla tenuta dell'economia statunitense hanno contribuito ad aumentare il premio al rischio sui mercati.
Il 2025 si sta rivelando un anno complesso, ma i mercati hanno affrontato situazioni simili in passato.
Il nuovo mandato di Donald Trump è infatti iniziato sotto il segno di una politica economica che potrebbe sembrare un ritorno al passato rispetto al suo precedente mandato con ancora una volta, le tariffe al centro della scena.
Proprio come nel suo primo mandato, le tariffe imposte su una vasta gamma di prodotti sono il cuore della strategia economica, affiancate da un programma di licenziamenti di efficientamento nel settore pubblico con l’obiettivo dichiarato da Trump che è quello ridurre il deficit fiscale e il debito pubblico degli Stati Uniti, un messaggio che manca da anni e che, in molti, speravano di rivedere.
Ma al di là degli interventi sulle tariffe le analogie tra il 2018 e il 2025 si trovano principalmente nelle valutazioni del mercato americano.
Nel 2018, infatti, il multiplo PE (prezzo utili) dell’S&P 500 si trovava a 19 sui massimi almeno degli ultimi 10 anni, un segnale di un mercato che sembrava riflettere una fiducia incrollabile nelle prospettive economiche.
Tuttavia, l'incertezza politica generata dalla politica commerciale di Trump e le sue manovre tariffarie hanno contribuito a creare una volatilità significativa, portando a forti oscillazioni sui mercati anche del + o – 20% arrivando a portare le valutazioni al livello di 14 volte gli utili, ovvero la sua media valutativa di lungo periodo.
La storia non è mai uguale ma tende a far rima e quindi la ricetta per affrontare questo periodo di turbolenza risiede in pazienza e razionalità, ovvero le due virtù principali dell’investitore intelligente.
Se da un lato le valutazioni elevate e le tensioni geopolitiche impongono prudenza, dall'altro gli investitori di lungo periodo sanno che la volatilità fa parte del gioco.
Dal 1927, il mercato ha subito correzioni del 5% tra le 3 e 4 volte l’anno e drawdown del 10% ogni anno.
I mercati ribassisti, definiti da cali superiori al 20%, si verificano statisticamente ogni 3 anni e mezzo, tuttavia, nel lungo termine, l'azionario ha offerto un rendimento medio annuo dell'11%, sottolineando l'importanza di una visione di lungo periodo e di razionalità.