Trento, 13 marzo 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.
Dopo la Relazione della Commissione Nannicini della Bicamerale della XVIII Legislatura, leggibile nell’allegato, non è successo nulla.
Nel corso della XIX Legislatura si è insediata la nuova Commissione bicamerale di controllo sugli Enti previdenziali che ha iniziato ex novo, la sua attività di controllo.
Io credo che dopo 30 anni di attività le Casse del 509/1994 abbiano bisogno quantomeno di un tagliando alla luce delle conclusioni della Bicamerale Nannicini e delle osservazioni rilasciate, nell’audizione del 30 novembre 2023, dalla Corte dei Conti, Sezione del controllo sugli Enti.
È un documento, a mio giudizio, di grande rilevanza ma che pochissimi professionisti hanno letto, conoscendone l’esistenza.
Ritengo utile riproporre qui il capo 4.5 “Le criticità del settore”, rinviando per l’esame delle tabelle allegate al testo dell’audizione scaricabile sia dal sito della Commissione parlamentare per il controllo sull’attività degli Enti previdenziali che sito della Corte dei Conti.
«Le criticità del settore
Occorre premettere come si intenda in questo paragrafo finale richiamare l‘attenzione della Commissione su quelle che - in esito all’attività di controllo svolta dalla Corte di conti sui documenti di bilancio più recenti (esercizio 2022) trasmessi dalle Casse dei professionisti - sono apparse alcune delle maggiori criticità del settore e di cui è evidenza negli stessi referti deliberati dalla Sezione e debitamente inviati al Parlamento.
È stato, innanzi, riportato e commentato un quadro complessivo e di sintesi dei principali indicatori che hanno riferimento alla gestione delle Casse. Pur tuttavia la Corte è ben consapevole della importanza per il decisore politico di disporre di dati e informazioni, sempre aggiornati, che fotografino in una visione complessiva l‘andamento del primo e del secondo pilastro della previdenza.
Ne è una riprova la recente istituzione da parte dell‘esecutivo di un apposito organismo che ha il compito di supplire a questa carenza. Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 23 marzo 2023, n. 41, è stato, infatti, istituito l’Osservatorio per il monitoraggio, la valutazione dell’impatto della spesa previdenziale e l’analisi delle politiche di revisione del sistema pensionistico.
L’Osservatorio, che ha durata triennale, è composto da non più di 15 membri (compreso il Presidente), nominati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ed ha i seguenti compiti:
− svolge un’analisi dei fattori che influenzano l’andamento della spesa in campo previdenziale, ivi compresi i Fondi pensione nonché gli Enti di previdenza dei liberi professionisti;
− valuta l’impatto della spesa previdenziale sui saldi di finanza pubblica;
− valuta gli andamenti economici del sistema e i relativi flussi di finanziamento;
− informa il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sull’andamento della spesa del vigente sistema pensionistico;
− programma ed elabora attività di analisi e di ricerca con i diversi attori istituzionali;
− propone eventuali modificazioni normative di settore per consentire una revisione del sistema pensionistico vigente.
L’Osservatorio produce una relazione annuale sull’attività svolta a supporto del Ministro del lavoro.
Degli aspetti afferenti al delicato settore degli investimenti patrimoniali delle Cassa già si è, in altra parte di questo documento, diffusamente detto e vale qui soltanto sottolineare come, a giudizio della Corte, resti importante che in tempi quanto più possibile contenuti trovi attuazione quanto disposto dalla legge di bilancio per il 2023 e che, quindi, siano definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Covip, le norme di indirizzo degli Enti previdenziali in materia di investimento delle risorse finanziarie, di conflitti di interessi e di banca depositaria, di informazione nei confronti degli iscritti, nonché sugli obblighi relativamente alla governance degli investimenti e alla gestione del rischio.
Ciò al fine di permettere, entro sei mesi dall’adozione di tale decreto e nel rispetto di quanto disposto dallo stesso, agli Enti l’adozione di nuovi regolamenti.
Vale, comunque, ribadire come la Corte - a prescindere da quelli che sono i compiti istituzionali affidati alla Covip (delle cui relazioni sarebbe auspicabile fosse destinataria in via formale anche la Corte dei conti) - nei propri referti ha sempre invitato a ricercare strumenti finanziari che, nel rispetto degli interessi pubblici perseguiti, siano improntati alla massima prudenza.
Le Casse, infatti, è d’uopo ricordarlo, sono chiamate a garantire sempre la finalità originaria alla base del processo di privatizzazione – riconoscere corpi intermedi in grado di garantire la funzione pubblica di protezione sociale – senza mai perdere di vista il loro obiettivo ultimo, ovvero la garanzia e la tutela dei liberi professionisti iscritti che “hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”, in ossequio all’articolo 38 della Costituzione.
Tuttavia, più volte, le differenti Relazioni della Corte hanno segnalato una non prudente gestione degli investimenti immobiliari e mobiliari, che ha comportato un rendimento derivato negativo.
Sono peraltro emerse alcune problematiche di carattere strutturale all’interno degli Enti quali una sovrapposizione di organi, una loro composizione molto ampia (con un relativo aumento del costo) e, talvolta, carenze di professionalità specifiche.
Un cenno occorre riservare alle politiche poste in atto dalle Casse nella raccolta dei contributi obbligatori versati dagli associati e, in particolare, in tema di recupero dei crediti di questa natura. Dal controllo della Corte è emersa talvolta una gestione del recupero dei crediti disomogenea, con effetti non di rado divergenti. Al riguardo, occorre guardare con favore all’adozione di misure incisive volte alla riscossione di tali poste creditorie, spesso ingenti per entità e per numero di debitori, anche al fine di evitare rischi di prescrizione.
Alcune Casse, a tal riguardo, hanno positivamente sperimentato forme coattive di recupero, ma anche efficaci piani di rateizzazione.
A margine di tale disamina, in conclusione, si riassumono i temi più rilevanti su cui la Corte dei conti nei propri referti al Parlamento ha avuto l’occasione di segnalare l’attenzione:
− l’efficacia e la correttezza di sistemi di remunerazione dei vertici che, talvolta, prevedono l’erogazione di compensi ad organismi pletorici o di scarsa utilizzazione o per la partecipazione a comitati consultivi di varia natura;
− l’introduzione di requisiti di professionalità, di onorabilità, di criteri di nomina, di composizione, di genere e di comportamento degli organi sociali degli Enti previdenziali;
− la razionalizzazione degli assetti di vigilanza;
− i rischi connessi all’aumento, riscontrato in molti casi, del valore dei crediti contributivi vantati nei confronti degli iscritti;
− l’adeguatezza dei fondi rischi rispetto sia all’incertezza di alcuni rendimenti finanziari sia rispetto ai procedimenti legali in corso;
− l’eventualità di un incremento delle prestazioni di welfare erogate dagli Enti a favore degli iscritti;
− l’adeguatezza quantitativa e qualitativa delle strutture organizzative dedicate agli investimenti finanziari e reali».
A questo punto è lecito porsi una domanda: perché il Legislatore, di fronte a questo coacervo di osservazioni critiche, non interviene?
Forse perché intende usare le Casse come un bancomat?
Roberto Sommella ha scritto qualche tempo fa su Milano Finanza “C’è da farsi venire un’idea. Il debito pubblico, che viaggia verso i 3.000 miliardi di euro, va sicuramente ridotto e il piatto delle cessioni pubbliche piange.
Un exit strategy parrebbe esserci, sempre che Giorgetti dia il via libera: coinvolgere nelle future vendite le ricche Casse di previdenza”.
E’ del 21 febbraio 2024 la notizia (Fonte www.websim.it) che, secondo indiscrezioni di stampa, alcuni fondi pensione e Casse di previdenza, tra cui Enpam (medici e dentisti), Inarcassa (ingegneri, architetti e liberi professionisti) e Cassa Forense (avvocati) sarebbero pronte ad acquisire una parte del capitale del gruppo Poste durante il processo di privatizzazione.
Questi soggetti potrebbero acquisire tra il 5% e il 7% del capitale messo in vendita dal MEF (29,26%).
Ma le privatizzazioni non riguardano solo Poste italiane e i 100 miliardi delle Casse fanno gola al Governo!
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